Ieri mattina, un voto del parlamento svedese ha sfiduciato il primo ministro socialdemocratico Stefan Löfvén, in carica dal 2014 a capo di un governo di minoranza in coalizione con i Verdi e col sostegno esterno della sinistra. L’esito della votazione era ampiamente previsto, nonostante gli equilibri incerti risultati dalle elezioni di due settimane fa.

La sfiducia è stata votata dall’Alliansen (Alleanza per la Svezia) e dai Democratici di Svezia. La prima è la coalizione che riunisce i partiti di centro-destra, già al potere tra il 2006 e il 2014, e che ambisce a esprimere la nuova squadra di governo nonostante disponga in realtà di un seggio in meno rispetto ai «rosso-verdi». I secondi sono l’estrema destra nazionalista che, grazie all’avanzata nelle ultime elezioni (per quanto minore di quella annunciata), ambisce ad essere l’ago della bilancia «esercitando la propria influenza» su qualsiasi nuova maggioranza.

SONO GIORNI INTENSI per la politica svedese, nei quali i meccanismi di elezione delle cariche parlamentari contribuiscono a uno scenario dagli esiti imprevedibili. Lunedì il nuovo Riksdag – il parlamento monocamerale svedese – si era riunito per eleggere il proprio talman (o «portavoce», l’equivalente del nostro presidente della Camera) e i suoi vice. Il presidente del parlamento ha un ruolo particolarmente importante: sarà infatti lui ad affidare l’incarico di formare il nuovo governo al candidato premier dopo le consultazioni tra i partiti.

IN CONTRASTO con una prassi consolidata – che attribuirebbe la carica a un esponente del primo partito, o del primo partito nella coalizione di maggioranza – è stato eletto presidente Andreas Norlén, parlamentare dei Moderati, il principale partito di centro-destra. Risultato inconsueto, dato che i Moderati sono il partito che, pur guidando l’opposizione, ha perso in assoluto il maggior numero di voti alle elezioni. Anche per l’elezione di Norlén è stato fondamentale il voto dei parlamentari dei Democratici di Svezia: questi hanno fatto convergere i propri voti per impedire l’elezione della candidata socialdemocratica, che ha invece conquistato la carica di prima vice-presidente. Favore non ricambiato per l’elezione del secondo vice-presidente: la carica era in precedenza ricoperta dal nazionalista Björn Söder, figura particolarmente controversa per le sue dichiarazioni razziste e omofobe e per la vicinanza ad ambienti neonazisti. Grazie al voto bianco dei parlamentari di centro-destra (a parte alcune defezioni), Söder ha perso l’incarico a favore della candidata del partito di sinistra Vänsterpartiet, anch’esso cresciuto alle ultime elezioni. Lo smacco subito dai nazionalisti sembra aver reso più tesi i loro rapporti con la destra moderata.

ORA IL PRESIDENTE del parlamento Norlén, che ha promesso «neutralità» nel suo ruolo di negoziatore, dovrà sondare le diverse possibilità di coalizione e affidare l’incarico di governo al possibile prossimo primo ministro.
Nel centro-destra si discute sulla possibilità di accettare un appoggio esterno dei nazionalisti, ipotesi nettamente rifiutata da alcuni partiti come il Centerpartiet (partito di centro) e i Liberali, ma non sgradita a una parte del mondo imprenditoriale, tradizionale base elettorale dei Moderati: in un’intervista al quotidiano economico Dagens Industri, Antonia Ax:son Johnson, nota imprenditrice della distribuzione commerciale, ha fatto appello al «pragmatismo» e ha invitato a mettere fine all’«intoccabilità» dell’estrema destra.

DA SINISTRA, le ipotesi vanno invece da una improbabile riedizione del governo di minoranza rosso-verde alla spaccatura dell’Alliansen per formare una coalizione con i partiti centristi: ipotesi che però molti commentatori della sinistra socialdemocratica vedono con preoccupazione, dato che significherebbe una probabile continuità con le politiche di privatizzazione e liberalizzazione del welfare, elementi che hanno alimentato la crescita del populismo di destra.

Lungi dal rappresentare il crollo del «modello svedese», un modello che almeno dagli anni Novanta ha sperimentato ripensamenti e trasformazioni, la sfiducia a Löfvén è quindi il primo atto di un percorso quanto mai incerto verso la creazione di alleanze o accordi di desistenza per la formazione del nuovo governo.