In una Parma intenta per l’intero mese di settembre a festeggiare i primi 50 anni del Consorzio dei produttori del prosciutto più celebre e ricercato d’Italia, il veleno di Beppe Grillo intossica più della diossina dell’inceneritore cittadino entrato in funzione pochi mesi or sono, e che secondo le previsioni più fosche del leader pentastellato starebbe già inquinando i prodotti della Food Valley emiliana.

Ieri, a distanza di pochi giorni dal primo allarme lanciato, Beppe Grillo è tornato alla carica dal suo blog con un’intervista all’attore premio Oscar Jeremy Irons per fargli dire che «è molto importante cercare di fermare l’inceneritore di Parma», un impianto che «non risolve il problema dei rifiuti» ma «lo rimanda» e in più «aggiunge problemi alla nostra salute».

C’è aria di Vaffa Day, tra i produttori. E anche tra i grillini. Perfino il sindaco a 5 stelle Federico Pizzarotti – a poco più di un anno dalla sua elezione/evento – non ha retto più di una settimana alle esternazioni «pericolose» del suo capo e alla fine ha risposto sostenendo che l’impianto di Ugozzolo «non danneggia la Food Valley». Salvare capra e cavoli però è molto difficile, e così ad arrabbiarsi ora sono i militanti pentastellati più agguerriti contro l’inceneritore.

L’umore non cambia nemmeno a Langhirano, una ventina di chilometri più a sud, che è uno dei cuori pulsanti della Food Valley. È questo il luogo migliore – grazie ad un particolare microclima – per stagionare i 9 milioni di prosciutti che si producono ogni anno, con un giro d’affari al consumo che sfiora il miliardo e mezzo di euro. «C’è chi è inviperito contro Pizzarotti, che dell’opposizione all’inceneritore ha fatto il fulcro della sua campagna elettorale, e chi lo è contro Beppe Grillo, che mette inutilmente a rischio l’economia della zona», raccontano gli abitanti di Langhirano, tra una bancarelle del Festival del Prosciutto e un incontro della rassegna di letteratura poliziesca e gastronomia «I sapori del Giallo», giunta quest’anno alla sua decima edizione. Una rassegna, nata dall’estro di un poliziotto – Gigi Notari, del direttivo nazionale del sindacato Siulp – che quest’anno ha ospitato, tra gli altri, gli autori di due libri decisamente, per così dire, «sul pezzo», editi dai tipi della parmigiana Battei.

Il sociologo Sergio Manghi, nel suo «Parma senza: immaginario, società e politica al tempo della rete», ricostruisce le cause socio-politiche che hanno portato, nella città ducale prima e in modo esemplare rispetto al resto dell’Italia, «al dilagare dell’antipolitica e alla crisi di una società storicamente incline alla rappresentazione estetizzante». L’esperienza della giunta pentapartito negli anni ’80 e i 13 anni, dal ’98 al 2011, dei governi delle liste civiche alleate col centrodestra hanno spianato la strada «alla vittoria del Grande Vaffa», spiega Manghi, che è docente i all’Università di Parma. «Anni di progetti faraonici che lasciano 840 milioni di debiti e che si concludono con due inchieste della magistratura che portano a galla corruzione e malgoverno». Oggi, mentre è sempre più evidente la crescente infiltrazione di cosche mafiose e criminali nel tessuto produttivo ed economico della città, e la crisi morde come nel resto d’Italia, Parma si ritrova con un sindaco che aveva promesso troppo e che, «come era prevedibile, non riesce a fare nulla, se non il curatore fallimentare del debito». L’inceneritore ne è l’esempio più vistoso. Ricorda Manghi: «Ci vuole la bacchetta magica per fermare l’inceneritore? “La bacchetta magica è la volontà”, sosteneva in campagna elettorale l’attuale sindaco, mentre Grillo prometteva che per metterlo in funzione si sarebbe dovuti passare sul cadavere di Pizzarotti».

«C’è un divario enorme tra le aspettative generate da un discorso che si presentava come rivoluzionario rispetto all’ordine politico esistente e i risultati conseguiti», aggiunge il sociologo e docente Alesssandro Bosi. Nel suo saggio «Il caso Parma», Bosi racconta come «il tessuto solidaristico, che aveva fatto di questa città un modello europeo, si sia logorato negli ultimi 15 anni». «Non parlo del volontariato – spiega Bosi – che invece è molto vivo ma del logoramento del ruolo, tradizionalmente molto particolare, delle istituzioni e delle grandi aziende». A Pizzarotti «va riconosciuto che sta governando senza prosopopea e arroganza: una questione di stile, e non è poco», aggiunge Bosi.

Ma basta? Al momento le maggiori energie sono state spese per far sentire i cittadini partecipi al governo della città. «Dopo una serie di incontri nei quartieri, il 29 settembre – conclude Bosi – con grande risalto mediatico metteranno su un’assemblea alla quale parteciperanno 500 cittadini, in parte estratti a sorte e in parte invitati. È l’iniziativa più clamorosa, ma non ha nulla a che vedere con quella partecipazione dal basso che faceva di alcune figure lavorative come gli infermieri o gli assistenti sociali i protagonisti dell’amministrazione cittadina. Quella Parma non esiste più». Per il resto, è tutto da vedere.