Tre libri usciti di recente con poco in comune fra loro, apparentemente, possono suscitare diverse curiosità e, soprattutto, molte riflessioni.
Cosa hanno che li apparenta draghi, stregoni e scienziati? E cosa ha in comune un introverso come Copernico con un reazionario come Tycho Brahe che si era fatto costruire un enorme osservatorio su un’isola solo per lui; o, ancora, con un visionario come Keplero? Galileo, poi, teorico della musica e Leopardi scienziato e storico dell’astronomia. E si potrebbe andare avanti alungo citando numerosi esempi.

La scienza condivide con l’arte e la fantasia più di quanto possiamo comunemente pensare. La scienza e i racconti immaginari, i giochi di ruolo, i fumetti. La scienza e la pittura, la poesia, la bellezza…

I tre libri presi in esame sono Incanto – Storie di draghi, stregoni e scienziati di Michele Bellone (Codice, pp. 249, euro 20), Homo-Arte e scienza di Pietro Greco (Di Renzo editore pp. 404, euro 18) e L’incanto di Urania (Carocci, pp. 53, euro 34) di Massimo Capaccioli. Raccontando storie e aneddoti colti o curiosi, inventati o reali, lo provano con modi e forme diverse. I tre volumi pongono anche alcuni problemi attuali, come quello della comunicazione e divulgazione della scienza. Lo fanno con abilità anche se adottando punti di vista diversi.
Massimo Capaccioli è un astrofisico di fama internazionale che ha insegnato all’Università di Padova e alla Federico II di Napoli; Pietro Greco un ottimo giornalista scientifico (che ci ha purtroppo lasciato da poco) voce storica di Radio3Scienza e Michele Bellone è un biologo e giornalista, che tiene un corso al Sissa di Trieste ed è appassionato di fantasy e fantascienza. Lui si definisce un distratto…Tre studiosi, molto diversi fra loro ma tutti debitori alla passione per la scienza, mescolando curiosità e conoscenza.

Come nascono i miti dei draghi, che hanno in comune maghi e scienziati? Incanto è «un atto di resistenza a chi non ha abbastanza fantasia per capire che il nostro è un mondo in cui immaginazione e scienza non possono che andare a braccetto», scrive Licia Troisi nella prefazione.
Il libro «non vuole essere una semplice carrellata di riferimenti scientifici nel fantasy, né un’analisi accademica o un trattato di critica letteraria, bensì un viaggio lungo un confine – quello fra scienza e fantasy – molto più poroso e ricco di scambi di quanto si pensi», afferma l’autore.

Il volume riesce a comunicare in modo originale e la scienza, chiedendosi non solo cosa sia oggi, ma anche cosa abbia rappresentato la magia. Basti pensare al ruolo dell’alchimia o a Isaac Newton, l’ultimo dei maghi (come è stato definito). È un libro pieno di sorprese, che racconta la storia della scienza ma che introduce anche personaggi come John Dee, matematico e mago ermetico del Cinquecento, astronomo e astrologo, consigliere della regina Elisabetta I d’Inghilterra; o figure dello spionaggio fra americani e nazisti, e del Progetto Manhattan e della bomba atomica. Evidenzia poi – e questo è un discorso attuale – di come il solo accostamento di scienza e fantasy suoni bizzarro. Da un lato mistero, irrazionalità, fantasia pura, misticismo… e dall’altro rigore, regole, esattezza, razionalità… Ma è proprio così? Galileo in fondo faceva oroscopi a pagamento.

«Un accadimento singolo, non riproducibile, non ha alcun significato per la scienza», scriveva nel 1934 Karl Popper. La riproducibilità è un elemento fondamentale della scienza, su questo nessuno può discutere, ma pochi sanno che questa caratteristica incominciò ad emergere dai lavori degli alchimisti. E tante affermazioni dei libri gioco o del fantasy, come quella delle particolari proprietà dell’argento – ad esempio, per combattere gli spettri o per canalizzare l’energia magica – hanno origini non soltanto mistiche. I fenici conservavano l’acqua in bottiglie d’argento, Ippocrate, il padre della medicina, lo raccomandava per curare le ferite, Avicenna per purificare il sangue, e nel Seicento veniva adoperato per curare epilessia e colera e suture d’argento venivano usate fino ai primi del Novecento per ridurre i rischi di infezioni post operatorie.

Il libro di Bellone è un viaggio inconsueto fra i mondi della scienza e il fantasy. Siamo passati dalle caverne dei draghi (e le similitudini con i dinosauri) fino a svelare i segreti dei negromanti, abbiamo incontrato maghi e scienziati celebri scoprendo che hanno più tratti in comune di quanto si pensi…Una caratteristica che può suscitare anche polemiche…Ma appassionarsi a libri, film, giochi e fumetti intrisi di magia e sovrannaturale – afferma Bellone – non significa negare la logica e rinunciare alla razionalità. Cosa che i nerd hanno sempre saputo.

Di tutt’altro genere, il saggio di Pietro Greco. È una lunga e appassionante storia della scienza e dell’arte dai Neanderthal, e anche prima, fino a Darwin, Einstein e Picasso. Dove si narra di come e perché arte e scienza procedano spesso (quasi sempre) di pari passo, ci racconta come nasce l’arte con radici sia biologiche che culturali. Un percorso parallelo per molti versi alla scienza. E il libro segue sempre questo doppio binario. Pitagora, i numeri e la musica: il concetto di simmetria dei Greci; Galileo l’ultimo uomo del Rinascimento, e la riforma della musica. Si tratta della ricerca della bellezza che è anche simmetria come in Einstein e Picasso, legislatori dello spazio e del tempo. Sembra un discorso complicato ma è in realtà una storia affascinante della scienza da una prospettiva inconsueta. Parlare di due culture contrapposte è un errore oltre che una mistificazione della realtà storica dell’evoluzione della specie Homo.

Essendo l’autore soprattutto un divulgatore non potevano mancare i capitoli dedicati alla scienza nella letteratura: quella in versi, in scena a teatro, in prosa o la scienza in giallo e anche qui, naturalmente, la fantascienza, sfiorando il fantasy. Ancora, l’architettura e i pittori. E i rapporti dell’arte con l’immaginario scientifico.
Qui il racconto di Greco si congiunge con quello di Bellone per dimostrare che fantasia e scienza, immaginario e ricerca non sono mondi separati ma procedono insieme, si contaminano e arricchiscono a vicenda.
Dall’incanto di draghi e stregoni a quello di Urania, musa dell’astronomia e della geometria. La via stavolta la traccia Massimo Capaccioli astrofisico di fama internazionale, capace di scrivere di astronomia e della sua storia con chiarezza e ingegnosità. «La Verità matematica preferisce le parole semplici, poiché il linguaggio della Verità è esso stesso semplice». È una citazione del danese Tycho Brahe presa quasi ad esempio in questa storia che cavalca ben venticinque secoli di esplorazione del cielo.

Un viaggio raccontato nei minimi dettagli con passione e accuratezza «un pellegrinaggio della coscienza e della consapevolezza» per ripercorrere il lungo e spesso tortuoso cammino che ha portato l’uomo all’attuale comprensione del cosmo e dei suoi fenomeni. Un pellegrinaggio come «metafora della crescita della società umana, consumato tra mille insidie morali e materiali, illuminato dal genio e dal sacrificio e mortificato dalla paura, dagli egoismi e dalla superstizione. Ogni grande civiltà fiorita sulla Terra ha sviluppato una propria astronomia e una cosmologia, e non sempre i diversi rivi, nutriti dalle medesime pulsioni ma governati da metodologie d’indagine differenti, si sono incrociati incanalandosi in un unico fiume».

Ma l’affresco non può ovviamente essere completo e il racconto si limita alla «cosiddetta scienza occidentale».
«Nessun uomo è un’isola», ricorda Capaccioli citando il poeta elisabettiano John Donne e tanto meno lo scienziato…E traccia uno slalom tra uomini, luoghi, scoperte e stagioni della storia. Dalla cosmologia degli antichi all’esplorazione del cielo col telescopio. E poi dà molto spazio, come è giusto, alle scoperte e agli strumenti più recenti. Da Palomar alle nuove idee sugli astri, di come e quanto vivono. Il big bang e la crisi della cosmologia fino all’ascolto del cosmo a frequenze radio, agli strumenti di nuova generazione e ai tanti problemi aperti… Alla fine, ci si rende conto che tutta la storia dell’astronomia è un ridimensionamento dell’antropocentrismo, tentazione presente in ognuno di noi.
Solidi fatti, teorie, fantasia e realtà, errori e preconcetti, immaginazione e racconti: tutto si fonde perché non ci può essere scienza senza fantasia e immaginazione, desiderio di scoprire, di andare oltre, custodendo regole e misure, ma superandole quando è necessario.