Ancora una vota il Gatto blu ha fatto il balzo più grande di tutti, anche più alto della Pantera nera. L’ennesimo lungometraggio animato dedicato a Doraemon infatti, secondo tradizione, si è accasato direttamente al primo posto al box office del Sol Levante la settimana scorsa quando ha superato per incassi Black Panther che ha debuttato lo stesso giorno ottenendo comunque un buon risultato. Anche nel fine settimana appena passato la storia si è ripetuta, la popolarità ed il dominio del popolare franchise al botteghino è una sorta di «tradizione» ed un fenomeno popolare che merita più di qualche riflessione.
Doraemon the Movie: Nobita’s Treasure Island, questo il titolo del lungometraggio ora nelle sale giapponesi, è il trentottesimo film del franchise, dal 1980 un lavoro all’anno con un’unica pausa nel 2005, ed è un libero adattamento di L’Isola del Tesoro di Luis Stevenson. Doraemon, l’inseparabile amico Nobita ed il loro gruppo di amici guidano un vascello nel Mar dei Caraibi verso la mitica isola del tesoro, luogo che si rivelerà qualcosa di molto diverso dalle aspettative.

 

Il film è naturalmente un prodotto per bambini che non vuole essere niente di più di un buon intrattenimento, ma presenta dei punti d’interesse, innanzitutto per un uso dei colori molto espressivo con cui viene resa l’idea esotica dei mari lontani, e la storia non è mai troppo banale – se ci si adatta alle infinite conversazioni sull’amicizia a tutti i costi e lo spirito di gruppo, due elementi che sembra non possano mancare nei lungometraggi o nei prodotti seriali giapponesi.

 

 

Il personaggio creato da Fujiko Fujio, nom de plume per il connubio fra due mangaka, Hiroshi Fujimoto e Motoo Abiko, apparve dapprima su rivista nel 1969 per poi sfondare come manga e definitivamente come serie televisiva durante gli anni Settanta. La seconda seri televisiva arrivò in Italia nel 1982 sulla seconda rete Rai e successivamente su Mediaset dove divenne subito popolare. Dopo più di quattro decenni sul piccolo e grande schermo il Gatto blu che viene dal futuro e le sue avventure con Nobita continuano a mietere successi tanto che è oramai diventato una vera e propria icona della cultura pop del Sol Levante, non sorprende che Doraemon sia stato scelto,grazie alla sua riconoscibilità a livello planetario, come uno degli ambasciatori delle prossime Olimpiadi di Tokyo del 2020.

 

Puntualmente ogni anno il lungometraggio dedicato a Doraemon si rivela uno dei film più visti dell’arcipelago ed in gennaio quando si stilano liste e classifiche è spesso ai primi posti per incassi. Se da un lato è indubitabile che un cinema spostato verso prodotti di questo tipo, animazioni ed in genere film prodotti da grande compagnie (in questo caso la Toho), spesso fagocitano il mercato strozzando tutte le produzioni medie o minori, dall’altro lato non si può negare come Doraemon e soci siano in grado di riempire le sale e, cosa forse ancora più importante, di portare nei cinema famiglie e bambini, approfittando del periodo – marzo in Giappone coincide con la fine dell’anno scolastico. Visto il massiccio merchandise che circonda l’uscita di questo genere di film, le proiezioni hanno quasi più un tono di festa con le grida di entusiamo dei più piccoli che si intrecciano e riflettono gli avvenimenti della storia.

 

C’è insomma molto chiacchiericcio e si sentono molti commenti fra genitori e figli, un atteggiamento non proprio comune nelle sale del Sol Levante. Il successo del personaggio non è facile da spiegare e al di là delle contingenze storiche, si deve alla bravura dei due autori a portare, su carta e sul piccolo e grande schermo, delle storie semiserie, divertenti che contenessero spunti di riflessione importanti, in cui i bambini si potevano riconoscere. Senza dimenticare l’azzeccatissimo design del protagonista, il colore blu ed i tratti semplici e rotondi rappresentano elementi da cui i più piccoli sono naturalmente attratti.