Colpisce in queste ore drammatiche lo schizofrenico alternarsi di ordinario e straordinario, di normale ed eccezionale. Gioco di specchi che disorienta e ferisce.

La solidarietà è eccezionale perché dovrebbe essere normale, ma ordinariamente non lo è rispetto ai valori ufficiali. I media, assieme ai corpi, alle case, alle terre violate, mettono la bontà – reale – in prima pagina.

Sarebbe da prima pagina – normalmente – anche l’eccezionale fatto che a portare solidarietà alle popolazioni sia un governatore ex-presidente della società che ha avvelenato di cianuro il territorio di Furtei.

Si invoca l’evento imprevedibile, millenario.

E questo ciclone sardo – perché chiamarlo Cleopatra e non Antonio? – è certamente il segno di un rapporto drammaticamente mutato fra terra, aria e mare nel nostro mediterraneo. Una eloquente risposta ai negazionisti del mutamento climatico globale.

Ma è assente la coscienza normale che proprio per ciò bisognerebbe aumentare e non diminuire le tutele, non autorizzare urbanizzazioni dissennate, proteggere gli argini dei fiumi. Non cancellare, come è stato fatto pochi mesi fa, i fondi per gli studi idrogeologici.

Non mi convincono le accuse di assenza ad uno Stato e una Regione che invece sono molto presenti: nel nuovo Piano paesaggistico regionale – Ppr (S) – la tutela delle aree fluviali è indebolita, le cubature ammesse, il regime delle acque terrestri modificato. Anche con quei campi da golf che Ugo Cappellacci ha magnificato a Bosa, dove Condotte ne progetta uno su una delle più belle coste dell’isola.

Delicatissima e fragile la traccia ampia dell’antica Ichnoussa, delle biodiversità e dei ventimila monumenti archeologici. Se la Direzione Regionale del MiBac ha detto no al Ppr (S) di Cappellacci, oggi impressiona l’irrituale appello del Soprintendente Archeologo.

Egli chiede in modo encomiabile che si segnali qualsiasi notizia di danneggiamento al patrimonio archeologico: è la coscienza, nella stessa chiamata d’aiuto, di un sistema inadeguato.

Il nostro pianeta attraversa una profonda crisi ambientale. La Sardegna vi partecipa con un habitat climatico mediterraneo modificato e un territorio avvelenato da troppi decenni di saccheggio. L’eccezionale ciclone è il tracciante di questa situazione, la metafora di una crisi drammatica. Della necessità di forme nuove basate sull’autogoverno territoriale dei beni comuni, di cultura, tutela, democrazia e identità. Sulla maniera di gestire il territorio si decide il futuro della Sardegna, a partire dalle prossime elezioni regionali.