Sergey Kuryokhin, Lawrence «Butch» Morris e Wadada Leo Smith. Tre jazzisti avanguardisti, improvvisatori, compositori, ricercatori sonori che hanno lasciato un’impronta profonda nella musica contemporanea. Il pianista russo Kuryokhin (un talento iconoclasta assoluto) è scomparso nel luglio 1996 (a 42 anni) ma ha trasmesso una scomoda eredità, lui che coagulò il dissenso politico-artistico contro il regime sovietico. Butch Morris ha messo a fuoco in modo mirabile la tecnica/poetica della «conduction» prima di scomparire sessantaseienne nel gennaio 2013, nel pieno della propria creatività. Il trombettista Leo Smith – afroamericano come Morris – a 75 anni è ancora attivissimo e tra le sue produzioni importanti resta l’opera monumentale Ten Freedom Summers, doppio album Cuneiform del 2012: vi rievoca senza retorica, in oltre dieci ore di musica, la stagione alta della lotta per i diritti civili, quantomai attuale negli anni del Black Lives Matter. Tre album elaborano e rilanciano l’eredità dei tre artisti e a farlo sono loro contemporanei insieme a musicisti più giovani.

28kuri

Partiamo dal conservatorio di stato di Mosca il 9 luglio 2015. Davanti ad un pubblico che satura l’immenso auditorium suonano l’Ensemble 4’33’’, la Ad Libitum Orchestra e l’Ensemble N’Caged. Li guida il violinista, compositore e direttore d’orchestra Alexei Aigui, musicista poco noto in Europa occidentale che ha collaborato con Pierre Bastien. Aigui ha proposto, prodotto e realizzato presso il conservatorio un recital dedicato al Kuryokhin dei Pop Mechanics, gruppo che ibridava rock, jazz, musica contemporanea, performance e provocazione spopolando nella Leningrado degli anni ’80. Il violinista ha fatto un arduo lavoro di trascrizione della musica del pianista che scriveva alcuni temi ma lasciava gran parte dei recital all’improvvisazione ed alla «direzione estemporanea». Confrontandosi con i musicisti ancora in Russia che hanno suonato con Sergey Kuryokhin, Alexei Aigui non ha «classicizzato» la sua musica ma le ha donato uno spessore orchestrale, fondendo un organico sinfonico con strumenti e linguaggi di derivazione jazz e rock. I sedici brani kuryokhiani che si trovano nel cd, tutti incisi dal vivo, fanno rivivere la poliedrica poetica del suo visionario autore, grazie anche alla presenza dei veterani Sergey Letov (ance), Vyacheslav Guyvoronski (tromba) e Vladimir Volkov (contrabbasso). Nel dvd c’è tutto il concerto, compresi otto brani di Aigui. Produce l’album The Spirit Lives (Leo Records) Leo Feigin, produttore inglese ma esule russo e diffusore dell’avantgarde jazz sovietico fin dagli anni ‘80.

Pochi sanno che il sassofonista/flautista/compositore afroamericano Henry Threadgill ha vinto nel 2016 il premio Pulitzer per la musica con l’album In For A Penny, In For A Pound (Pi Recordings). Solo Wynton Marsalis (1997, per Blood On The Fields) ed Ornette Coleman (2007, con Sound Grammar) hanno avuto questo riconoscimento.
Threadgill, nonostante le 72 primavere, è un instancabile creatore di musica: il New York Winter Jazz gli aveva commissionato un’opera in ricordo di Butch Morris, che era suo amico.

hqdefault

Nasce così Old Locks and Irregular Verbs, presentata dal vivo nel gennaio 2014 e da poco divenuta un cd (sempre Pi Rec.). Il jazzista afroamericano si riserva il ruolo del compositore ed affida all’Ensemble Double Up (due piani, uno Jason Moran, due alti, violoncello, tuba e batteria) le quattro parti di una musica austera, dolente e polistilistica, fitta di complesse stratificazioni ritmiche come di dialoghi spesso intrecciati tra le coppie strumentali. Un album dal cui ascolto si esce difficilmente indenni, data la densità sonora ed emotiva.

Musica più ariosa – mai «leggera» – è quella che si sprigiona da A Cosmic Rhythm With Each Stroke (Ecm). Il pianista indostatunitense Vijay Iyer duetta con uno dei suoi maestri, il trombettista Wadada Leo Smith che ha avuto come leader nel Golden Quartet (2005-’10). Aperto da Passage del pianista (quasi 45enne) e chiuso da «Marian Anderson» del trombettista (75 anni), il cd vede al centro una suite in 7 parti ispirata ai lavori dell’artista indiana Nasreen Mohamedi (1937-1990), suite composta da entrambi su commissione del newyorkese Metropolitan Museum of Art; nei duetti si riprende l’arte grafica astratta della Mohamedi, in un doppio, vitale omaggio.