Definirli è assai improbo. Giocolieri del pop? Ma per carità. Chansonnier? Forse va meglio. Il problema è che la Bandabardò al suo ventunesimo anno di attività ha una molteplice personalità, che oscilla senza sosta fra rock, folk e canzone. Certo è che Enrico ’Enriquez’ Greppi, Alessandro ’Finaz’ Finazzo, Andrea ’Orla’ Orlandini, Marco ’Don’ Bachi, Alessandro Nutini detto il ’giovane Nuto’ e Federico ’Pacio’ Pacini, si divertono ancora.

E molto, almeno così traspare nel recente album L’improbabile, decimo in una carriera costellata da oltre 1300 concerti, distribuito per la Warner. Un titolo che suona, conoscendoli, assai pertinente: «È che ci sentiamo così, vorremmo provare a ricostruire rapporti in un mondo che invece è sempre più in preda a un egoismo totalizzante. Noi siamo quelli inadeguati, alla ricerca di una vita comunitaria, basata più sull’abbraccio che sulla fisicità e meno sulla chiacchiera inutile. Dovremmo smettere di considerare vincenti quelli che ce la fanno perché sono ricchi, una sudditanza che ha portato le intelligenze del nostro paese a un livello bassissimo. Pari a zero».

Le canzoni mescolano generi e confondono quasi l’ascoltatore costringendolo a star dietro a una sarabanda di citazioni e di stili: «Lavoriamo in una totale libertà creativa, ormai siamo a un livello di complicità totale». Senza impegno, che apre il cd, ha come protagonista uno strano personaggio che si trova nel bel mezzo di una discoteca…: «È un antieroe, circondato dalla volgarità a cui cerca di opporsi. A G Max dei Flaminio Maphia abbiamo affidato il ruolo del tamarro. È stato perfetto….».

Una storia tanto terribile quanto vera, ha ispirato Selezione naturale: «È l’imprenditore sorpreso in una intercettazione telefonica all’indomani del terremoto in Abruzzo che si fregava le mani pensando al guadagno che ne avrebbe ricavato…» L’improbabile è quasi lo specchio dell’Italia imbrogliona: «Il problema non è più Berlusconi, ma il berlusconismo dilagante che ha permeato l’intera società…».

In mezzo a tanti truffatori, spunta un classico dei settanta, Ca plane pour moi di Plastic Bertrand, che proprio pochi anni fa rivelò di non aver mai cantato nei dischi: era il suo manager a prestargli la voce…: «Effettivamente può essere una terza strada interpretativa. In realtà i miei compagni che hanno dieci anni meno di me erano rimasto folgorati anche da un altro suo pezzo, Ping pong. Mi hanno proposto di fare la cover, ma io la trovavo un’idea idiota. Hanno aspettato che uscissi dalla sala e in poco tempo hanno messo su una versione molto rock’n’roll. Poi mi sono vendicato scrivendo un testo a due voci, così Finax è costretto a cantare la storia di una signora con un cerotto in faccia e i capelli cinesi che amoreggia con il re del divano mentre un gatto alcolista occupa il divano. Una follia…».