Una elegante signora bionda dal sorriso smagliante prende posto al tavolo delle conferenze stampa: non si riesce a credere che sia proprio lei «la signora dei cammelli» , la Robin Davidson che abbiamo appena visto interpretata da Mia Wasikowska in Tracks di John Curran, in concorso, per percorrere a venticinque anni 2.700 chilometri di deserto australiano, un viaggio in solitaria della durata di nove mesi in compagnia di un cane nero e quattro cammelli. Eppure lo sguardo possiede qualcosa del sogno e della determinazione. Per compiere «l’impresa» anche se a malincuore, la Davidson accettò il finanziamento di National Geographic (11 milioni di lettori) con un fotografo che discretamente ne illustrò le fasi, scrisse poi un libro diventato un classico nel suo paese e il regista aspettò che scadessero i diritti della Disney per riacquistarli. Il film cerca di avvicinarsi il più possibile a uno stato d’animo di ricerca di se stessi, di fondere il personaggio con il paesaggio, elemento di una meta interiore e non di meraviglia esotica.

Certo il festival di Venezia si apre con un bel gruppo di donne molto toste, pure se alla guida sono assai discutibili, come la Bullock che si impappinava coi comandi dello shuttle o le due inflessibili Rosa e Samira (Emma Dante ed Elena Cotta di Via Castellana Bandiera) che morirebbero piuttosto che cedere la strada, aggrappate al volante. Qui Robin conduce se stessa e i suoi animali in un viaggio estremo partendo da Alice Springs, luogo famoso per i cammellieri afghani, diretta verso Uluru, verso l’oceano, Mia Wasikowska, è stata indicata come interprete e alter ego dalla Davidson in persona. Avendo appena compiuto un altro viaggio solitario (verso l’età adulta) in Stoker sa bene come si va dritti per la propria strada e riesce a tenere perfettamente la scena anche in questo caso. Non così fragile come sembra, emana forza e determinazione.

Robin ha dei conti da regolare con la sua vita, orfana di tanti affetti. Ha come bagaglio di esperienza la vita del padre che da allevatore rovinato dalla siccità si era poi messo a girare a piedi l’Africa orientale in cerca dell’oro. Al posto delle inutili parole padroneggia molto meglio il contatto diretto con gli animali.

I film sul deserto sono preziosi per gli appassionati di cinema, su quegli schermi vuoti e dorati si possono proiettare tante altre immagini e i registi che lì hanno le loro origini ci hanno raccontato che non sono luoghi vuoti ma posseggono tradizioni antiche e leggendarie. Lontano da Abderramane Sissako, da Bertolucci e da Jodorowski, John Curran si tiene ben piantato su quella terra da percorrere. Mentre i deserti africani hanno sciorinato più volte le loro meraviglie sullo schermo, l’Australia resta ancora terra piuttosto misteriosa. Il viaggio di Tracks si svolge negli anni Settanta, quando i giovani conoscevano la frenesia del viaggio, ma le rotte più seguite erano l’India, Londra, la California e ci si muoveva in gruppo. Questo viaggio va in controtendenza, non vorrebbe avere niente di esotico perché la protagonista è già abituata a vivere nella natura, «in the bush» come si dice da quelle parti, vuole soltanto starsene da sola e utilizzare quello che la natura offre, come due o tre capi delle migliaia di cammelli selvatici importati nel paese quando ancora non c’erano macchine e aerei e poi lasciati allo stato brado, tranne che in alcuni parchi per turisti. Robin impara in uno di questi come fare per ammaestrarli in modo da trasportare le poche attrezzature che le servono ed è proprio il suo progressivo addestramento a costituire un momento interessante del racconto che mette in scena l’ossessione dell’obiettivo impossibile fino a raggiungerlo.

Che il deserto sia ricco di scoperte lo vediamo nell’incontro con i personaggi che pure lo abitano – aborigeni, qualche anziano allevatore trapiantato dall’Inghilterra senza cambiarne lo stile di vita – nei luoghi sacri più famosi e in quelli sconosciuti dove alle donne è vietato passare senza essere accompagnate da un anziano.
Poiché la richiesta degli aborigeni di non fotografare quei posti per rispetto non è mai stata ascoltata, non sarà neanche un problema se ne sono state fatte riprese per un film (ma in ogni caso si chiede scusa se in alcune scene si vedono persone nel frattempo scomparse).