C’è un memoriale dattiloscritto del nonno, che Miriam Selima Fieno ha ritrovato e condiviso con Paola Di Mitri, alla base di Libya. Back home, ultimo lavoro della Ballata dei Lenna (nella sezione Anni luce, curata da Maura Teofili per Romaeuropa festival), il gruppo teatrale fondato dalle stesse due attrici insieme a Nicola Di Chio, nel 2012. Un pre-testo privato e familiare, da cui Di Mitri prende le mosse per guidare Fieno nella ricerca delle sue radici libiche, e trasformare il viaggio autobiografico di una giovane donna in una nuova consapevolezza della furia coloniale di ieri e di oggi. Un monologo espanso attraverso la moltiplicazione dei linguaggi, dove la parola si mescola alle immagini proiettate, in un’articolata costruzione drammaturgica – vecchie fotografie, filmini in super8, video messaggi di whatsapp, sono gli innumerevoli materiali recuperati dall’attrice nel tentativo di entrare in contatto con una realtà sconosciuta, mitizzata e irraggiungibile. Quel nonno medico inviato dal fascismo a «civilizzare» una terra sottomessa, sposato con un’autoctona, e poi cacciati con i loro figli da Gheddafi. Una delle tante famiglie tripoline che ha reciso il legame con il proprio Paese, conservandone nel profondo lingua e cultura, mai trasmesse alla progenie.

E QUEL BISOGNO di Miriam – figlia di un italiano che parla arabo e si sente africano – di trovare tracce e stabilire contatti con cugini e parenti, compresi i tentativi tragicomici di visitare Tripoli. Ma non è terra di turismo la Libia, Miriam se ne rende conto definitivamente parlando con Khalifa Abo Khraisse, corrispondente per Internazionale, che vive l’impossibile quotidianità di popolazioni svendute agli interessi petroliferi del sempre rinnovato colonialismo. Una guerra senza fine, mentre migranti disperati salpano su imbarcazioni fatiscenti e muoiono nel Mediterraneo.