Il Sud Ossezia venne creato nel 1922 dai sovietici quale repubblica autonoma della Georgia. Durante la caotica dissoluzione dell’Unione sovietica, il movimento etno-nazionalista del presidente Zviad Gamsakhurdia scatenò repressioni contro le minoranze tacciate di essere strumenti di Mosca.

Per gli osseti, le radici del conflitto risalivano alla pulizia etnica delle loro famiglie da parte della prima repubblica georgiana nel 1918-21.

Questa memoria diede loro la determinazione per resistere a oltranza, anche nell’isolamento internazionale che caratterizzo i primi anni post-sovietici. Dopo mesi di scontri attorno alla capitale e principale centro del Sud Ossezia, Tskinval(i), la Russia di Eltsin – che se ne sarebbe volentieri lavata le mani – fu costretta a intervenire dopo che la confinante repubblica federale del Nord Ossezia venne sommersa da una massa di profughi in fuga dalla Georgia (ciò che inoltre contribuì a far precipitare un ulteriore conflitto etnico in territorio russo fra osseti e ingushi).

Gli accordi di Dagomys del 1992 imposero un cessate il fuoco che «congelò» la situazione sul terreno, lasciando dunque irrisolta la questione dello status finale della regione.

Mentre gli osseti invocavano il principio dell’autodeterminazione dei popoli, Tbilisi continuava a insistere sul carattere «illegale» (poiché deciso dall’Unione sovietica) dell’abolita autonomia.

In tal modo, il Sud Ossezia rimase diviso in un intricato incastro fra zone a maggioranza osseta e georgiana, separate da forze di peacekeeping congiunte russo-georgiane. Nel 1993, anche la regione dell’Abkhazia si è separata dalla Georgia.