C’è il nome di Marino nelle primarie del Pd: ma è una donna. L’ipotesi di candidare contro Roberto Giachetti la quarantenne ingegnera ed ex assessora all’ambiente Estella Marino circola da giorni nel Pd romano di rito ’mariniano’, e cioè quello che non ha mai digerito la defenestrazione del sindaco, che è andato in piazza a sostenerlo e che sabato scorso è salito sul palco del teatro Brancaccio a dire ad alta voce che la rottura del centrosinistra è un disastro per la Capitale. E a dire pure, ma a voce più bassa in platea, che in Giachetti non si riconosce. Quest’area del Pd, minoranza cuperlian-bersaniana ma non solo, avrebbe votato volentieri Marino, nel senso di Ignazio, a patto di non rompere con il Pd. Contenti tutti: anche Giachetti avrebbe voluto il chirurgo, considerato un avversario facile, come sparring partner dei gazebo. Ma l’ex sindaco venerdì ha spiegato a Repubblica che comunque non si candiderà alle primarie Pd. Per la stessa ragione sarebbe già sfumata l’ipotesi dell’ex ministro Bray, caldeggiata da D’Alema, ma fuori dalle primarie: chi lo sostiene finirebbe per mettersi fuori dal partito. E la minoranza Pd, o meglio il suo ceto politico, non vuole fare il grande salto, almeno non al buio.

A questo punto nella minoranza dem si è fatta largo l’ipotesi di non candidare nessuno: meglio far saltare le primarie che offrire volontari a perdere. L’ipotesi però non convince tutti. Perché senza un area di riferimento per i non renziani il posto in lista si trasformerebbe in un rodeo. Meglio avercelo, un nome, anche perdente, che comunque se la giochi pescando nell’area degli scontenti, parlando agli ex alleati di sinistra, magari apprezzando qualcuna delle proposte lanciate da Stefano Fassina al Pd (oggi il commissario dem Orfini e il coordinatore di Sel Paolo Cento si incontrano, ma le possibilità di rifare l’alleanza sono pari a zero). Meglio se fosse una donna. Meglio ancora se, come recita la biografia istituzionale di Estella Marino, «con 9.221 preferenze è risultato il consigliere comunale del Pd più votato della Capitale». E se poi qualche malalingua sostiene che la metà di questi voti le sono arrivati perché si chiamava come l’omonimo candidato sindaco, vuol dire che finirà bene come la commedia di Oscar Wilde: l’importanza di chiamarsi Marino.