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L’impiccione / 7. Entra in gioco il capo staff della Casa Bianca

L’impiccione / 7. Entra in gioco il capo staff della Casa Bianca

Impeachment Settimana tappa della rubrica online «L'Impiccione». Occhi indiscreti sulle indagini intorno a Donald Trump

Pubblicato quasi 5 anni fa

22° GIORNO DALL’APERTURA DELL’INDAGINE PER IMPEACHMENT

Mick Mulvaney, capo provvisorio dello staff della Casa Bianca, durante una delle rare conferenze stampa ha contraddetto in modo epico e inaspettato le continue affermazioni del suo capo, affermando che l’amministrazione Trump ha trattenuto quasi 500 milioni di dollari in aiuti militari per fare pressione sull’Ucraina, affinché questa indagasse su una certa teoria della cospirazione. Secondo questa teoria, durante la campagna elettorale del 2016, i server di posta elettronica di Hillary Clinton o del Partito Democratico si trovavano in Ucraina.

UNA CONFERENZA STAMPA QUANTOMENO BIZZARRA

Con questa uscita Mulvaney ha confermato esattamente la premessa dell’indagine sull’impeachment della Camera.

«Quello che sta descrivendo è un quid pro quo», ha detto un giornalista a Mulvaney,. Lui ha tranquillamente risposto: «È una cosa che facciamo sempre in politica estera». Qualche ora dopo ha cercato di rimangiarsi l’affermazione dicendo: «Non c’era assolutamente nessun quid pro quo».

Cosa sia un quid pro quo, allora, bisognerà proprio chiarirlo.

Mulvaney non è proprio un trumpiano della prima ora. Durante le presidenziali del 2016 aveva dichiarato: «Da repubblicano sostengo Donald Trump, ma lo sto facendo anche se penso che sia un essere umano terribile e perché Hillary Clinton è comunque peggiore».

Quello di ieri quindi potrebbe essere stato un lapsus freudiano, oppure la riproposizione di un’ormai collaudata prassi trumpiana: quella di rivelare i misfatti pubblicamente per eliminare il contraccolpo negativo della loro scoperta.

Mulvaney ha insistito sul fatto che la terminologia non ha importanza, ma ha riconosciuto senza mezzi termini che gli aiuti economici all’Ucraina sono stati trattenuti per ottenere il risultato desiderato.

https://twitter.com/Anthony/status/1184882067743674368?s=19

LA STRATEGIA DELL’AFFERMARE PER PRIMI

Questa svolta ha colto di sorpresa molti alleati del presidente. Con un’insolita presa di distanza, un alto funzionario del dipartimento di giustizia ha dichiarato: «Se la Casa Bianca ha trattenuto gli aiuti in cambio della cooperazione a qualsiasi indagine presso il dipartimento di giustizia, questa è una novità per noi».

L’avvocato di Trump, Jay Sekulow, ha dichiarato all’arcinemico di The Donald, Jim Acosta della Cnn: «Il team legale non è stato coinvolto nella conferenza stampa del capo dello staff».

Tutto ciò accadeva mentre l’ambasciatore Usa all’Ue, Gordon Sondland, era impegnato in una deposizione a porte chiuse alla Camera. Con la sua mossa Mulvaney può aver cercato di reinquadrare la narrazione degli eventi dicendo per primo e ad alta voce ciò che l’altro poteva star confidando in segreto.

RUDY GIULIANI RIAPPARE SEMPRE

Durante la sua testimonianza alla Camera, Sondland ha detto che il presidente aveva essenzialmente delegato al suo avvocato personale Rudy Giuliani tutta la politica estera americana sull’Ucraina, rifiutando i consigli dei suoi diplomatici. L’obiettivo di Giuliani, ha affermato Sondland, potrebbe essere stato quello di «coinvolgere gli ucraini, direttamente o indirettamente, nella campagna di rielezione del presidente per il 2020».

Fino a due giorni fa Giuliani si sentiva e proclamava forte, sostenendo di non aver bisogno di un avvocato: da ieri, però, non si esprime e tiene un profilo basso

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