20° Giorno dall’apertura dell’indagine per Impeachment

Prima erano i nemici, ora sono anche gli amici o ex amici a dare problemi a Trump. Il suo nuovo incubo è John Bolton, ex capo della sicurezza nazionale, un conservatore che più di destra non si può, le cui dichiarazioni sono state riportate alla Camera da Fiona Hill, ex consigliera per la sicurezza nazionale. Stando a Hill, Bolton le avrebbe detto di riferire agli avvocati della Casa Bianca la campagna di pressione che Rudy Giuliani, avvocato personale di Trump, stava facendo sull’Ucraina al fine di scovare del torbido su Biden.

«Non faccio parte di qualsiasi affare di droga – come dire un affaraccio sporco – che Rudy e Mulvaney stanno preparando», aveva detto Bolton, per poi definire Giuliani una granata, pronta a far esplodere tutto.
Quando le dichiarazioni sono diventate pubbliche Giuliani ha risposto che se lui è una granata, allora Bolton è una bomba atomica.

Bolton ha una personalità potente ed è anche incline al combattimento, ha una brutta fama di guerrafondaio e distruttore, con pochi scrupoli e saldi principi di autoritarismo, uno che non ha mai davvero digerito queste diavolerie moderne, come l’abolizione dello schiavismo, per dire, e vederlo diventare la voce etica e ragionevole di questa amministrazione ha sorpreso molti. Tuttavia le dichiarazioni indirette di Bolton non sono state l’unico grattacapo di Trump della giornata

Uno schema per deporre e uno per non farlo

Gli investigatori dell’Impeachment hanno sentito la deposizione di George Kent, un alto funzionario del Dipartimento di Stato, incaricato della politica ucraina, che già a marzo aveva sottolineato il ruolo di Giuliani in quella che aveva definito una campagna di «disinformazione», intesa a utilizzare un procuratore ucraino per screditare gli avversari di Trump. Tra questi comparivano l’ex vicepresidente Biden, Marie Yovanovitch, poi ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina, e altre figure della politica ucraina che, durante la campagna elettorale del 2016, avevano diffuso informazioni dannose su Paul Manafort, ex presidente della campagna di Trump.
Dopo questi fatti a Kent era stato suggerito da un supervisore di abbassare i toni su Rudy Giuliani e su tutta la questione.

La testimonianza di Kent oltre a chiamare ulteriormente in causa Giuliani, ha mostrato lo schema per arrivare a deporre alla Camera: il Dipartimento di Stato ordina di non apparire e cerca di limitare la testimonianza, ma il Comitato di intelligence della Camera emette un mandato di comparizione dell’ultimo minuto, al quale il soggetto, Kent in questo caso, ma anche Fiona Hill il giorno precedente, aderisce.
Al contrario il vicepresidente Mike Pence e Rudy Giuliani hanno detto che non collaboreranno all’indagine sull’Impeachment, così come il Pentagono ha affermato che non ottempererà alla richiesta di presentare i documenti relativi allo sforzo di Trump di esercitare pressioni sull’Ucraina. Non ci sarà nemmeno la collaborazione dell’Ufficio di gestione e bilancio, che sembra aver trattenuto i fondi per la sicurezza dall’Ucraina su richiesta di Trump.

Nessun voto sull’Impeachment, per ora

La speaker dem Nancy Pelosi ha dichiarato che i Democratici alla Camera non indiranno la votazione per autorizzare un’indagine di Impeachment su Donald Trump, almeno al momento, nonostante le pressioni in tal senso che arrivano dalla Casa Bianca e dai Repubblicani. La decisione di rinunciare al voto formale (per ora, ha specificato più volte Pelosi) è stata presa dopo una lunghissima riunione interna al partito progressista, lo scopo di questa scelta è quello di evitare la percezione che sia la Casa Bianca a dettare le decisioni della Camera.