L’impiccione 47/. Venti di guerra sull’impeachment
20° GIORNO DALL’IMPEACHMENT DI TRUMP Dopo la pausa delle feste il processo di impeachment è ripreso. I repubblicani del Senato hanno dichiarato di avere i voti necessari per dare forma a […]
20° GIORNO DALL’IMPEACHMENT DI TRUMP Dopo la pausa delle feste il processo di impeachment è ripreso. I repubblicani del Senato hanno dichiarato di avere i voti necessari per dare forma a […]
20° GIORNO DALL’IMPEACHMENT DI TRUMP
Dopo la pausa delle feste il processo di impeachment è ripreso. I repubblicani del Senato hanno dichiarato di avere i voti necessari per dare forma a un processo di impeachment alle loro condizioni, permettendo loro di andare avanti senza raggiungere un accordo con i democratici, che vorrebbero chiamare nuovi testimoni.
BOLTON VUOLE TESTIMONIARE, MA
Il ricompattamento delle file repubblicane riguarda anche i moderati come Susan Collins e avviene il giorno seguente la dichiarazione dell’ex consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton che ha detto di essere disposto a testimoniare, se convocato al processo di impeachment del Senato.
Con questa affermazione Bolton è andato contro la Casa Bianca e il leader Gop al Senato Mitch McConnell.
La disponibilità di Bolton a testimoniare è potenzialmente un grosso favore per i democratici. Bolton, avendo parlato direttamente con Trump riguardo i suoi rapporti con l’Ucraina, è un testimone cruciale. Non è chiaro, però, di cosa e come potrebbe parlare Bolton se dovesse salire al Senato.
Accettare di testimoniare non è lo stesso che accettare di testimoniare su tutto. Bolton potrebbe volere essere interrogato solo riguardo particolari conversazioni o appellarsi a privilegi esecutivi o al segreto che protegge informazioni sensibili e, pur ammettendo la campagna di pressione sull’Ucraina, non voler mettere nei guai Trump bensì altri personaggi come l’ex ambasciatore Gordon Sondland.
IL PIANO DI MCCONNELL
Il piano presentato dal senatore e speaker repubblicano al Senato Mitch McConnell prevede che i deputati della Camera e il presidente presentino argomenti di apertura prima che i senatori mettano in discussione entrambe le parti. La decisione riguardante le deposizioni di eventuali testimoni verrebbe dopo.
Il piano è simile a quello usato nel 1999 durante il processo di impeachment di Bill Clinton e approvato con voto unanime. Allora, a differenza di adesso, al momento del processo in Senato le dichiarazioni di tutti i principali testimoni erano già state rese pubbliche. Questa volta non è così in quanto Trump ha trattenuto i testimoni chiave e quasi ogni prova documentale relativa al caso.
Al Senato molti repubblicani sostengono da settimane l’idea di avere un processo veloce e contenuto, senza testimoni, accusando i democratici alla Camera di non aver elaborato un caso sufficientemente approfondito contro Trump da giustificare l’esame di nuovo materiale. Con la sua mossa McConnell sta scommettendo che, una volta iniziato il processo, il desiderio di superarlo possa convincere i membri del suo partito a non votare per ascoltare altri testimoni.
L’IDEA DEI DEMOCRATICI
I Dem sono di tutt’altro avviso e vorrebbero sentire più testimoni e vedere più prove. In realtà i democratici vorrebbero che Trump venisse rimosso dall’incarico o vorrebbero almeno mettere i senatori repubblicani in posizioni scomode. Le regole richiedono una maggioranza semplice, vale a dire 51 senatori, per convocare i testimoni. “La nostra influenza sui repubblicani in questo momento è il voto all’interno del processo al Senato – ha detto il senatore Chris Murphy – Dovremmo essere capaci di arrivare al punto di portarli a votare con noi il prima possibile”.
Intanto i venti di guerra stanno rallentando il processo di impeachment. Pelosi e McConnell al momento sono fermi sulle reciproche e contrapposte posizioni mentre Trump si prepara più che all’impeachment a rivolgersi alla nazione riguardo l’Iran.
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