16° GIORNO DALL’APERTURA DELL’INDAGINE PER IMPEACHMENT

La Camera ha emesso un mandato di comparizione per il segretario all’Energia Rick Perry e per due associati dell’avvocato personale di Trump, Rudy Giuliani, in quanto legati allo scandalo ucraino.

I MANDATI DI COMPARIZIONE

È chiaro ormai che Nancy Pelosi ha un piano preciso: inondare Washington di subpoena, i mandati di comparizione e una mole di documenti a cui non si può rispondere “no”.
Solo giovedì ne sono stati emessi tre, uno per Rick Perry, il segretario all’energia, per il suo ruolo nei tentativi di Trump di fare pressione sul governo ucraino, e per accertare se ha o meno cercato di influenzare la gestione della compagnia di gas statale ucraina.
Il primo a parlare di Perry era stato proprio Trump che il 5 ottobre aveva detto ai repubblicani della Camera di aver fatto la sua famigerata telefonata al presidente ucraino Volodymyr Zelensky su sollecitazione di Perry.

 

PARNAS E FRUMAN

Lev Parnas e Igor Fruman, due clienti dell’avvocato personale di Trump, Rudy Giuliani, non solo hanno ricevuto un subpoena ma sono anche stati arrestati in quanto facevano parte della campagna di pressione sull’Ucraina per indagare sui rivali politici di Trump, Joe Biden incluso.
I pubblici ministeri nel distretto meridionale di New York hanno dichiarato che Parnas e Fruman “hanno cospirato per eludere le leggi federali contro l’influenza straniera, impegnandosi in un piano per incanalare denaro straniero verso candidati per uffici federali e statali”, anche facendo donazioni a un super PAC (Super political action committees, organizzazioni di raccolta fondi che appoggiano un politico o un partito) pro Trump.
I due, come in film di spionaggio, sono stati fermati nella Lufthansa lounge all’aeroporto di Washington mentre stavano per partire con un volo di solo andata per Francoforte, e arrestati da una falange di ufficiali in uniforme e in borghese.
Nell’accusa verso Parnas e Fruman si parla di un “membro del Congresso 1”  identificato come ex l’ex deputato repubblicano del Texas Pete Sessions, beneficiario di circa 3 milioni di dollari; i due avevano cercato il suo aiuto per sollevare dall’incarico l’ambasciatore degli Stati Uniti in Ucraina, “almeno in parte su richiesta di uno o più funzionari del governo ucraino”, si legge nell’accusa, mentre erano anche impegnati a cercare assistenza politica per avviare una coltivazione di marijuana in Nevada.

TRUMP E I WHISTLEBLOWER

Il Washington Post fa sapere che almeno quattro funzionari della sicurezza nazionale si erano allarmati per via dei tentativi di Trump di fare pressioni sull’Ucraina e, seguendo il protocollo, avevano manifestato le loro preoccupazioni a John Eisenberg, consulente legale del Consiglio di sicurezza nazionale.
Non è  chiaro se tra questi quattro funzionari ci siano anche i due whistleblower contro i quali Trump ne dice e ne twitta di tutti i colori, paragonandoli a spie per cui ci vorrebbe la pena capitale e continuando a chiedere di interrogarli di persona, con un’insistenza tale da far decidere alla Camera che, in caso dovessero deporre, lo dovrebbero farlo in un luogo segreto e a volto coperto.

Anche ieri, parlando con i giornalisti, Trump ha continuato a dichiarare che il resoconto del  whistleblower riguardo la famosa telefonata è altamente impreciso. Questa è diventata improvvisamente la sua affermazione falsa più frequente, sostituendo le sue vecchie gag preferite sui veterani, l’emergenza alle frontiere e i dazi.

 

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