Incontriamo Eduard Limonov, l’intellettuale, il militante conosciuto in tutto il mondo, in una piovigginosa giornata primaverile a Mosca. È impegnato in un comizio di fronte al monumento che ricorda la rivoluzione del 1905.

Eduard Veniaminovic, secondo lei, come ha risposto Putin alla crisi economica russa iniziata nel 2011?

Parliamo di crisi a partire da quali indicatori? Esiste forse una regola per definire se oggi c’è la crisi o meno? Se lo valutiamo a partire dalla vita quotidiana dei russi, allora per quanto ricordi non si è mai vissuto così bene in Russia, meglio sia rispetto al periodo sovietico sia agli anni ’90. Quindi lei è giunto alla conclusione che da noi ci sia la crisi… Forse sulla base di indicatori occidentali? È vero, rispetto a quegli indicatori viviamo peggio che nel 2011, ma questo non ci preoccupa. Il potere in Russia, il putinismo, oggi è meno peggio di prima, anche se gelosamente non intende avere concorrenti politici. Ma il potere oggi in Russia non veste panni criminali. Non ha motivi di vergognarsi di orribili crimini. Dal momento che non vedo crisi non posso avere proposte per affrontare ciò che non esiste. Non credo che ci sia una competizione internazionale in cui la Russia dovrebbe arrivare prima. Le nazioni non si devono annientarsi nella concorrenza, ma vivere secondo i loro mezzi. Tanto più che la natura e il pianeta si stanno esaurendo, a causa degli appetiti insaziabili dell’umanità.

Pensa che dopo le ultime sanzioni dell’Ucraina contro la Russia, sia possibile una guerra tra paesi slavi?

I governanti di Kiev stanno cercando di bruciare tutti i ponti alle loro spalle. E in tal caso difficilmente la Russia potrà trattenersi dalla guerra. Se la guerra fosse tra Russia e Ucraina, indubitabilmente, Poroshenko non avrà scampo. Ma c’è il rischio che a Kiev voglia coinvolgere la Nato e gli Usa, e in tal caso sarebbe guerra mondiale. Ma credo non succederà, il governo ucraino non è folle.

Mi può parlare dell’attività dell’Interbrigady (le brigate russe organizzate dal Partito Nazional-Bolscevico per combattere in Donbass a fianco delle Repubbliche Popolari n.d.r.)?

Nelle Repubbliche Popolari del Donbass combatte un battaglione comandato dal nazionalbolscevico Sergej Fomcenkov, mentre commissario è il nazionalboscevico Zachar Prilepin, tra l’altro scrittore talentuoso. Tuttavia questo battaglione è un movimento non strettamente di partito, si tratta di «Interbrigady», un movimento russo di volontari «largo».

Cosa pensa degli Accordi di Minsk sottoscritti da Russia, Ucraina e Unione Europea?

Personalmente ritengo che la guerra nel Donbass sia stata mutilata dagli Accordi di Minsk, con il sostegno ovviamente della Russia. La rivoluzione russa nel Donbass è finita e ora il nostro battaglione è al servizio delle Repubbliche Popolari o più precisamente del loro leader Zacharchenko. Zacharcenko non ha nessuna autonomia, ora il nostro battaglione dovrebbe essere utilizzato in qualche provincia russa. Non è per questo che il nostro partito ha lottato. Ma noi amiamo comunque i nostri compagni.

Lei pensa che la Russia sia un paese democratico?

Le rispondo in due parole: la Russia non soddisfa nessun requisito democratico, il potere di Putin è assolutista e senza alternative.

Il vostro partito è represso?

La repressione è evidente nei nostri confronti. Abbiamo dei compagni del nostro partito che sono in galera. Il nostro compagno Staroverov, per esempio, per aver non rispettato le condizioni della libertà provvisoria, è stato mandato in un campo di lavoro per tre anni. E questo è solo un esempio. Allo stesso tempo, il signor Aleksey Navalny, capo della cosiddetta opposizione liberale moscovita, pur non avendo rispettato le stesse condizioni più e più volte, circola liberamente.

Ritiene sia possibile un «fronte unico» democratico con i partiti di opposizione alla alla Duma, i liberali o i gruppi di estrema sinistra anarchici o trotskisti?

Per quanto riguarda i partiti in parlamento come i liberaldemocratici di Zirinovskij, il Partito Comunista della Federazione Russa di Zjuganov o i «socialdemocratici» di Mironov, non possono essere considerati per un solo istante opposizione: si tratta di complici del potere. Le opposizioni in Russia, quando non sono represse, conducono un’esistenza miserabile. I liberali? Ci sono quelli al potere come Anton Siluanov, German Gref Elvira Nabiullina, Aleksey Kudrin… e quindi secondo lei con chi mai sarebbe possibile fare un «fronte unico»? La sinistra è costretta ai margini e sopravvive, mentre i liberali tipo Navalny o Kasparov ci hanno tradito almeno due volte. L’ultima volta nel dicembre 2011 quando separarono i loro manifestanti da quelli più radicali all’Isola Bolotnaya (Limonov fa riferimento agli scontri tra giovani dell’opposizione e polizia che in seguito portarono all’arresto e alla condanna ad alcuni anni di reclusione dei dirigenti della manifestazione tra cui militanti di sinistra e nazionalbolscevichi ndr). Costoro sono nostri nemici, ancor di più del governo. Almeno Putin ha riunificato la Crimea alla Russia.

Putin, negli ultimi anni, in Europa ha stretto alleanze con forze di estrema destra sovranista come Marine Le Pen del Front National in Francia, Matteo Salvini della Lega Nord in Italia. Pensa sia possibile un confronto anche con forze di sinistra come Podemos in Spagna o il Front de Gauche in Francia che sono comunque all’opposizione della politica imperiale dell’Unione europea?

Putin durante la conferenza stampa seguita all’incontro con Macron a Versailles, ha affermato che Marine Le Pen è volata qui a Mosca e ci ha detto cose che a noi russi, e al nostro Stato, sono piaciute. In termini di sanzioni e non solo. Le abbiamo recepite bene. Macron non è venuto qui da noi, non ci ha detto nulla, lo avremmo accolto comunque. Le elezioni le ha vinte lui ed è diventato presidente. Bene, nulla da ridire. Secondo me il fatto che la Russia non si intrometta negli affari di altri paesi, non è cosa buona. Noi russi dobbiamo intrometterci negli affari di altri Stati e sostenere le forze di chi non è contro di noi. In Russia, in Lituania, in Francia e anche in Italia.

Cosa pensa della questione degli omosessuali e più in generale Lgbt?

I gay e le lesbiche cercano di appoggiarsi alla sinistra russa e internazionale per provare a cambiare la mentalità del nostro popolo. Tuttavia questo non piace al nostro popolo e neppure a tanti della sinistra russa. Se i gay e le lesbiche russi non esigessero che li si amasse e li si accettasse nel mondo politico tutto andrebbe bene, tutto sarebbe ok. Il popolo russo non intende discriminarli o condizionare la loro vita privata. Il problema dei gay e delle lesbiche in Russia è che vogliono partecipare alla vita sociale in qualità di forza politica e morale. Da questo punto di vista, il nostro popolo non li accetterà in quanto tali nei secoli dei secoli. Noi siamo un popolo «macho». Per questo il popolo si opporrà all’imposizione di altre norme di vita sociale.

Alcuni filosofi russi come Nikolaj Berdajev si sono dilungati sull’«anima russa». Esiste «l’anima russa» o è semplicemente uno spazio geopolitico?

Anima? Anima russa? Di solito non uso questa terminologia. I russi hanno coltivato dentro sé un’«anima», sicuramente più di altri popoli. Inevitabilmente, per alcune circostanze, hanno dovuto svilupparla molto di più di altri. Gli slavi, in generale, hanno un interesse particolare per il misticismo e la contemplazione. Tutto ciò a volte non ci ha favorito nella storia. Ma per non perdere di vista il mondo reale, ci siamo radicati nel mondo scandinavo e tedesco.

Quest’anno è l’anniversario della rivoluzione russa del 1917. Molti ne parleranno, ma rivoluzione leninista resta ancora attuale?

La rivoluzione russa del 1917 è stata la prima rivoluzione nel mondo dei lavoratori. Il mondo ha iniziato a immaginarsi diversamente dopo: la Cina ha assunto un infinito colore rosso. La rivoluzione russa la fecero Lenin e Trotsky e Stalin ebbe allora il merito di non interferirvi.