Un teatro in miniatura, chiamato affettuosamente «la piccola Scala» per la sua struttura all’italiana con palchi tutt’intorno: è il Gerolamo, in piazza Beccaria a Milano, a un passo dal Corso Vittorio Emanuele e dalla Scala. Fu inaugurato nel 1868, chiuso 33 anni fa, e oggi reso alla città grazie a un sapiente e rispettoso restauro. Nacque come teatro di marionette, fu gestito da Carlo Colla & Figli dal 1911 al 1957, quando chiuse per la prima volta, riaprì nel 1958 per iniziativa di Paolo Grassi e vide esibirsi artisti come Eduardo De Filippo, Laura Betti e Paolo Poli, Dario Fo e Franca Rame, Juliette Gréco, Copi e Gaber. Fu chiuso nuovamente nel 1983. A riaprirlo in febbraio in onore alla tradizione inaugurale del teatro sono stati i Colla con le loro marionette, per il battesimo con la danza è stata scelta Luciana Savignano.

Étoile scaligera dall’espressività unica, carismatica interprete di titoli immortali come il Bolero e La luna di Maurice Béjart, Savignano è il volto sfaccettato di un’epoca d’oro del balletto e della danza tout court. Fisico asciutto, sposato a una bellezza vagamente orientale, magnetica e sensibile nello sguardo e nel portamento, Savignano ha incantato per anni Milano e il mondo della danza internazionale e ancora lo fa oggi. Vedendola danzare al Gerolamo sembra incredibile che sia del 1943. Due le coreografie nelle quali è stata figura portante: Luminare Minus e Funambolia, entrambe di Emanuela Tagliavia.

In Luminare Minus è ancora l’immaginifica luna a prendere forma nel segno di Savignano. Il pezzo debuttò dieci anni fa per il festival Mi-To, sempre con Savignano, al Museo Nazionale della Scienza e Tecnologia di Milano, autori, oltre Tagliavia, Mauro Bonazzoli per ideazione e regia, Giampaolo Testoni per la musica. Tagliavia ne ha ripreso per il Gerolamo alcuni estratti, un viaggio ipnotico sul divenire della scienza, sul contrasto fascinoso tra luce e buio.

Il nuovo Funambolia è una sorta di evocazione della bellezza del mestiere dell’artista alla ricerca costante di un equilibrio da trovarsi sul filo della vita. Tagliavia crea qui un pezzo di delicata poesia in cui, sul sapiente collage musicale di Testoni da Shostakovich alla Sonata per clarinetto di Poulenc, Savignano e compagni (tra cui la stessa Tagliavia) commuovono per la capacità di attraversare il tempo e le sfumature dell’animo umano grazie all’incontro tra generazioni.