Guardare chi gioisce per capire chi ha vinto la partita sulla giustizia. Il Nuovo centrodestra esulta: «Abbiamo prevalso su tutta la linea». Quagliariello esagera, ma è vero che gli alfaniani hanno messo a segno il colpo che fa più scena: ci sono le intercettazioni nel pacchetto approvato ieri dal Consiglio dei ministri. E se ne parla più che del gelato del premier. Però, come si affretta a chiarire il ministro Orlando che aveva garantito che non avrebbe affrontato l’argomento prima di un confronto con giornalisti ed editori, è solo «un passo formale». Perché «c’è ancora ampio margine di manovra. Stabiliamo solo i principi». Quelli ovvi: «Nessun limite alle intercettazioni e nessun bavaglio, ma stop alla pubblicazione di notizie che non hanno rilevanza penale». Tradotto in testo: «Garantire la riservatezza delle comunicazioni in conformità con l’articolo 15 della Costituzione» e «incidere anche sulla modalità di utilizzazione cautelare» delle intercettazioni – che cioè non dovranno inondare le ordinanze di perquisizione o arresto. Sono principi, andranno tradotti. In fondo è solo una legge delega.

E leggi delega sono anche le altre che erano (al contrario delle intercettazioni) già previste nell’ordine del giorno del Consiglio dei ministri. Affrontano il processo civile, la magistratura onoraria e le regole in tema di rogatorie. Altri due sono disegni di legge ordinari, anche quelli aperti a tutte le modifiche che farà il parlamento: riguardano la responsabilità civile dei magistrati e la prescrizione. Uno solo è il decreto, quello sul quale sono d’accordo tutti, anche Forza Italia, per «limitare il flusso di entrata», spiega Orlando, delle cause civili. Incentivando cioè gli arbitrati e le negoziazioni e disincentivando le cosiddette «cause temerarie». Di più non si può fare, visto il diritto costituzionale ad adire ai tribunali ribadito dalla Consulta: l’arbitrato non può essere un obbligo. Anzi, bisognerà guardare bene dentro alcuni degli altri strumenti annunciati ieri, visto che il governo prosegue con l’abitudine di convocare conferenze stampa senza licenziare testi di legge ufficiali e noi stiamo a quelli letti «all’entrata» del Consiglio. Ad esempio, il forte sconto di pena previsto per chi accede a un «maxi patteggiamento», che il ministro ha definito addirittura «una piena confessione», andrà letto alla luce del costituzionale diritto alla difesa. In altri casi sembra non essere stato raggiunto, non ancora, l’accordo tra alleati di governo. Per esempio sul falso in bilancio, novità annunciata ieri con orgoglio da Orlando, e invece osteggiata dal Nuovo centrodestra. Il ministro spiega che non si sa quale sarà l’entità della pena per le società non quotate in borsa (per le quotate si va dai 3 agli 8 anni); «potrò dare una risposta più chiara quando avremo il testo di legge scritto», ammette Orlando. Aspettiamo.

Quanto alla riforma della responsabilità civile dei magistrati, è presentata come «la novità più rilevante», secondo Renzi è il principio che «chi sbaglia paga». L’enfasi porta l’Associazione nazionale magistrati a una critica immediata: «Si lancia il messaggio che la giustizia funziona male perché i magistrati fanno errori». E le toghe contrattaccano sulla prescrizione: «È mancato il coraggio». Cioè non si è toccata la legge ex Cirielli che ha abbassato la pena edittale per molti reati (solo agli incensurati), portando molti processi sul binario morto. L’accordo di ieri è una mediazione con il Nuovo centrodestra, che deve ingoiare lo stop alla prescrizione dopo una condanna in primo grado, ma ottiene che dopo due anni il timer si rimette in movimento e che l’interruzione si cancella in caso di assoluzione in appello. Soprattutto il nuovo regime si applicherà solo alle cause che saranno definite dopo l’approvazione della legge. E così adesso i vari imputati «eccellenti» – Galan, Formigoni, Berlusconi – scoprono un interesse nuovo: accelerare i loro processi, per lasciarli ancorati al vecchio regime di prescrizione.