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Lila Kedrova, l’inquietante

Lila Kedrova, l’inquietanteCon Alfred Hitchcock sul set di «Il sipario strappato», 1966

La diva Via dalla Rivoluzione russa, verso il cinema, con un Oscar

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 6 febbraio 2021

Esiste un gigantesco sottobosco all’interno dello star system (non solo hollywoodiano) in cui sguazzano nomi che non hanno ricevuto trattamenti adeguati sul fronte dell’interesse pubblico. Lila Kedrova è uno di questi. A molti la sua figura può dir poco, ma l’Oscar vinto nel 1965 – come attrice non protagonista per Zorba il greco di Michael Cacoyannis – racchiude una delle verità spietate dello show business: popolarità, fama, ingaggi importanti con registi istituzionali o di grido, rispetto (quando è concesso); ma spesso tutto ciò rimane cristallizzato in una bolla temporanea, fatua ed effimera.

Forse perché chi possiede un’indole discreta non può soffrire il gossip, come Kedrova stessa che, in oltre 50 anni di carriera, ha preferito vivere ai margini del glamour patinato, conducendo talvolta scelte professionali insolite.
Elizaveta Nikolaevna Kedrova, detta Lila, nasce a San Pietroburgo (Pietrogrado all’epoca dei Romanov) il 9 ottobre del 1918 – ma fonti certe riportano come data effettiva il 1909 – figlia di Nikolaj Nikolajevich Kedrov Sr. e di Sofja Nikolaevna Gladkaja. Il padre era compositore di sinfonie liturgiche, il favorito dello zar Nicola II; la madre era cantante e insegnante di musica. Nel 1922, durante la guerra civile russa, i Kedrov fuggirono prima verso Berlino e, dal 1928, si stabilirono definitivamente a Parigi, dove la madre di Lila iniziò a insegnare presso il conservatorio della città. La fuga rocambolesca della famiglia è il principale motivo del mistero dell’anno di nascita di Lila: il certificato ufficiale andò perduto mentre si allontanavano da San Pietroburgo verso la Germania. A inizio anni 30 Lila fa ritorno in madrepatria venendo selezionata come membro della compagnia stabile del Teatro d’arte di Mosca. Finita questa esperienza, nel 1938 ritorna a Parigi dove pian piano inizia a macinare ruoli modesti in produzioni prestigiose, come Ultimatum (1938, di Robert Wiene e Robert Siodmak, con protagonista Erich von Stroheim); Via senza ritorno (1953, di Victor Vicas); Il grande gioco (1954, di Robert Siodmak,); La grande razzia (1955, di Henri Decoin). Affianca Brigitte Bardot in due occasioni, Ragazze folli (1955, di Marc Allégret – Lila interpreta la madre di B.B.) e Femmina (1959, di Julien Duvivier), e Jeanne Moreau in Fino all’ultimo (1957, di Pierre Billon).

Dal fascino poco accomodante, squadrato e spigoloso, il successo la investe nel 1964, a Hollywood, grazie a Zorba il greco di Michael Cacoyannis: è la pittoresca Madame Hortense detta «Bobulina» e «Chou-Chou» (appellata così da Anthony Quinn), ex ballerina francese dal destino infausto; un pierrot sfiorito, disgraziato, umorale. Grazie al largo respiro patetico dato al personaggio (doppiato con brillante cadenza d’oltralpe dalla melodiosa Lydia Simoneschi) Lila diventa la prima attrice russa a entrare nell’albo degli Academy, sbaragliando l’ottima concorrenza americana e britannica di quell’anno: Agnes Moorehead, Gladys Cooper, Edith Evans e Grayson Hall. Eppure, appena dopo il merito, la carriera di Kedrova non impenna, non colpisce, se non sporadicamente.

Nel 1965 Lila ritrova il partner Quinn nell’avventuroso Ciclone sulla Giamaica, con James Coburn, tanto che sui manifesti le viene dedicato un riquadro col suo nome per segnalare al pubblico la fresca vincita dell’Oscar. Alfred Hitchcock la scrittura l’anno dopo per il ruolo della colorata contessa Kuchinska in Il sipario strappato: non sapremo mai se Paul Newman e Julie Andrews faranno da garanti per il suo trasferimento negli Stati Uniti, perché a Berlino Est «sono tutti ignoranti» e il caffè «è solo una brodaglia» che nei bar chiamano così per mascherarne l’inconsistenza. Sempre nel 1966 le viene affidata una parte minore, ma gustosa, nella commedia di Arthur Hiller Penelope, la magnifica ladra: Lila è Sadaba, russa cialtrona dall’accento caricaturale che confonde Portofino con Porto Rico, proprietaria di una boutique di lusso, e che tenta di ricattare una Natalie Wood cleptomane.

Una «rinascita» di carriera avviene in Italia, lungo gli anni 70, periodo rigoglioso del cinema di genere nostrano, in cui Kedrova tratteggia personaggi-macchietta decadenti, disturbanti e dall’anima deforme: in Tenderly (1968, di Franco Brusati) è madre di una svagata Virna Lisi; in Alla mia cara mamma nel giorno del suo compleanno (1974, di Luciano Salce) è la fulva Mafalda, madre morbosa e mortalmente iperprotettiva di Paolo Villaggio, gelosissima della claudicante Eleonora Giorgi; in Le orme (1975, di Luigi Bazzoni) è una misteriosa dama crepuscolare alla Norma Desmond; in Il medaglione insanguinato (1975, di Massimo Dallamano) è un’inquietante contessa di Spoleto che divide il set con una Joanna Cassidy pre-Blade Runner. Poi Roman Polanski, in L’inquilino del terzo piano (1976), le affida la parte di Madame Gaderian, maschera grottesca che popola, con le altre, il palazzo parigino del povero Trelkovsky. Per Costa-Gavras interpreta Sonia, ingombrante suocera di Romy Schneider in Chiaro di donna (1979). Nel 1988 è la nonna di Jennifer Connelly in Some Girls, di Michael Hoffman, commediola anemica con un ancora imberbe Patrick Dempsey. Mentre per Fabio Carpi, prima del ritiro definitivo dalle scene, incarna i panni della mamma di Jean Rochefort nell’«invisibile» La prossima volta il fuoco (1993).

L’ultimo afflato di vittoria avviene nel 1984: Kedrova si aggiudica il Tony Award come miglior attrice non protagonista in un musical, sempre col medesimo ruolo che aveva sancito la sua fortuna vent’anni prima, Madame Hortense, nello spettacolo Zorba, in scena a Broadway. Un cerchio che va a sigillarsi il 16 febbraio 2000, giorno in cui, ormai divorata dall’Alzheimer, l’attrice si spegne a causa di complicazioni cardiache. Le sue ceneri riposano nel cimitero russo di Sainte-Geneviève-des-Bois, a sud di Parigi.

Forse non tutti gli uomini sono crudeli, come sostiene Hortense, perché alcuni continuano a ricordare Lila Kedrova per quell’ottima caratterista capace di incarnare quelle stravaganze, maliziosamente ambigue, tipiche del regno del grottesco. Ma sempre in punta di piedi.

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