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«Like a Dragon Gaiden»: l’uomo che cancellò il suo nome

«Like a Dragon Gaiden»: l’uomo che cancellò il suo nome

Games Nuovo capitolo della saga «Yakuza», ormai con il nome dello spin off

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 9 dicembre 2023

La serie Yakuza, celebre brand di Sega, rinuncia definitivamente al suo iconico titolo per abbracciare completamente, da ora in avanti, quello del suo spin off. Lo fa in maniera eccellente con un gioco concentrato non sullo stralunato personaggio di Like a dragon, Ichiban Kasuga, mafioso dai capelli strambi e dal comportamento sopra le righe, ma sullo storico antieroe della saga, il serafico Kazuma Kiryu, Il drago di Dojima. L’avevamo lasciato in Yakuza 6: The Song of Life in un finale dolce amaro per apparire a sorpresa come un personaggio non giocabile di Yakuza: Like a dragon, senza conoscere nulla della sua evoluzione nei tre anni che separavano gli eventi dei due titoli.

Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name rimedia a questa lacuna narrativa raccontando proprio le vicende che hanno portato Kazuma Kiryu, l’uomo che ha cancellato la sua identità, a tornare dalla «morte». Un gioco che non doveva esserci, come raccontano nelle interviste i suoi creatori, un DLC del futuro Like a Dragon: Infinite Wealth, in uscita il prossimo anno, che però meritava un titolo stand alone. Piccolo, ambientato per lo più nel fittizio distretto di Sotenbori a Osaka, questo Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name si rivela, fin dalle prime sequenze giocabili, un’opera vivace, divertentissima, violenta e dalla narrazione interessante, capace di rinnovare lo schema dei combattimenti ormai stantii della serie con invenzioni strabilianti. Privo degli elementi gdr che contraddistinguevano Yakuza: Like a dragon con la sua lotta a turni, Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name, oltre alle botte da picchiaduro classico, introduce una nuova modalità di rissa, l’inaspettato «Stile agente» che permette al nostro Drago di Dojima di sbizzarrirsi con degli incredibili gadget alla James Bond. Così abbiamo la possibilità di usare delle scarpe dette «serpente», capaci di farci scivolare sul nemico come fossimo in una pista da ballo, dei droni per distrarre i nostri avversari o ancora dei fili invisibili, vischiosi e avvolgenti, che ci rendono non dissimili da un ragno umano. Il realismo della serie classica abbraccia l’iperrealismo di Like a dragon riuscendo però a non stravolgere la serie con una storia sicuramente più seria, ma non per questo priva di follie o missioni secondarie incredibili. Non c’è mai il rischio di monotonia nelle dieci ore di gioco promesse, ma che, come per chi scrive, si moltiplicano o addirittura triplicano se si cerca di vivere Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name nella sua interezza fatta soprattutto di quest minori in una città come Osaka che offre sale giochi con cabinati storici Sega giocabili, cartucce del Mega drive da provare, golf, biliardo, poker, karaoke, night club e ovviamente le corse sugli iconici Pocket Circuit.

Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name non stupisce per la grafica, ma quello che mostra lo fa in maniera egregia, con il quartiere di Sotenbori brulicante persone, vivo e vivace, illuminato a giorno dai suoi neon coloratissimi anche di notte. Non dimentichiamo ovviamente che si tratta di un titolo sviluppato in appena 6 mesi, una roba che sembra incredibile visto la mole di cose da fare e la fattura eccellente dell’avventura in toto. A suo favore ci sono poi i sottotitoli italiani in una saga che, nella sua accezione classica, ha sempre snobbato la nostra lingua, con in più la possibilità, a titolo completato, di poter fruire della demo, anzi di due demo giocabili, di Like a Dragon: Infinite Wealth, un’opera senza dubbio più grande e dalle ambizioni maggiori, ambientata stavolta alle Hawaii. Like a Dragon Gaiden: The Man Who Erased His Name, come già detto, piccolo e nato quasi per caso però è uno di quei giochi, gratis su Xbox game pass, che non sapevi di avere bisogno, che magari prendi sottogamba ma che sanno stupirti e alla fine arrivi, come Kazuma Kiryu, nelle battute di un epilogo agrodolce, a piangere davanti ad uno schermo. Perché è qui che finisce davvero una saga e si ricomincia con una nuova.

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