L’allarme per la sconfitta alle regionali di settembre è scattato e l’appello del premier Conte per l’unità delle forze della sua maggioranza, accolto gelida dal Movimento 5 stelle, ha comunque prodotto qualche frutto. Almeno in Liguria, l’unica regione delle sette al voto il prossimo settembre (le altre: Val d’Aosta, Veneto, Marche, Toscana, Campania e Puglia) in cui le forze della maggioranza si presenteranno unite nella stessa formazione con cui governano a Roma.

Ieri una riunione della segreteria del Pd ligure ha sostanzialmente dato il via libera al candidato Ferruccio Sansa, il giornalista del Fatto quotidiano lanciato da gennaio da un gruppo di realtà civiche del circuito che ruota intorno alla Comunità di San Benedetto al Porto fondata da don Andrea Gallo. Sansa era stato a un passo dall’essere il candidato di tutta la coalizione già lo scorso 10 giugno. Ma una serie di veti incrociati e una girandola di nomi spesso improbabili ha ritardato la scelta di un lungo, preziosissimo mese. Ora Sansa è di nuovo in pole positio. Resta da verificare se Renzi (che ha iniziato con un «mai con un giornalista del Fatto») manterrà il suo veto o se Italia viva si acconcerà al candidato scelto dalle altre forze politiche dopo averne significativamente rallentato il lancio.

Domani pomeriggio alle 17 e 30 alla sede della federazione del Pd di Genova è convocata la riunione della coalizione Campo progressista (Pd, Art.1, Sinistra italiana, Verdi e altri) con il M5s e Italia viva. Formazione completa dunque: dovrebbe essere la volta buona per la scelta definitiva del candidato. Ma dati i precedenti il condizionale è d’obbligo.

Anche se i sondaggi danno il presidente Giovanni Toti in calo, la sua conferma è ogni giorno più probabile, anche grazie allo spettacolo delle divisioni del campo opposto, almeno fin qui.

La Liguria è solo una delle preoccupazioni di cui giovedì Nicola Zingaretti ha parlato con il presidente Conte a Palazzo Chigi. Matteo Salvini, come da tecnica consolidata, è da tempo in campagna elettorale per le amministrative di settembre e già sente il vento in poppa: «Finirà almeno 5 a 2, ma stiamo lavorando per il 7 a zero». Ieri è tornato per la seconda volta a fare un bagno di folla a Mondragone, in Campania, e a offrirsi ai selfie senza mascherina che hanno fatto protestare Nicola Zingaretti: «Ci sono oggi politici che si fanno le fotografie in maniera spavalda senza mascherina tra le folle, dando un cattivo esempio».
Ma non è la Campania della seconda corsa di Antonio De Luca a preoccupare il Pd. Né la Toscana dove il candidato Eugenio Giani ieri è stato vigorosamente sostenuto da Matteo Renzi, che del resto lo ha imposto al Pd. Il quale Giani per gratitudine non presenterà una sua lista del presidente: per far confluire più voti possibili sulla lista di Italia Viva, che si ’pesa’ per la prima volta nella regione del fondatore.

A preoccupare Zingaretti – e ora anche Conte – sono le altre regioni in cui le forze della maggioranza sembrano destinate a una sconfitta che può fare da spallata a un governo già fragile. A preoccupare dunque sono le Marche e la Puglia, dove le divisioni della coalizione avranno un peso decisivo nell’urna.

Ma a preoccupare sono anche i veleni che circolano, sintomo di malumori profondi. Ieri alcuni retroscena attribuivano a Zingaretti la volontà di lasciare la presidenza del Lazio per fare il suo ingresso nel governo. Eventualità improbabile, dati gli equilibri precari della maggioranza. Smentita comunque con irritazione dal Pd: «Già non riusciamo a trovare il sindaco per Roma. Non andando uniti si rischiano di perdere molte Regioni. E il Lazio che abbiamo vinto lo vogliamo portare al voto? Zingaretti è stato eletto da voto dei cittadini del Lazio e non ha proprio alcuna intenzione di andarsene. Proprio nessuna». d.p.