Della prolifica attività di Edgar Morin sono da segnalare due libri apparsi di recente in Italia. Il primo, Conoscenza Ignoranza Mistero (traduzione di Susanna Lazzari, Raffaello Cortina, pp. 148, euro 13), è nuovo e costituisce un compendio delle idee più importanti attraverso le quali il Morin epistemologo ha indagato e descritto la scienza e la conoscenza. Il secondo, Lo spirito del tempo (a cura di Andrea Rabbito, intr. di Ruggero Eugeni, nuova traduzione di Vinti e Boschi, Meltemi, pp. 339, euro 20), è invece un libro che ha visto la sua prima edizione nel 1961 e ha attraversato gli studi culturali e sociali diventando un riferimento imprescindibile.

SIA NELLA SCIENZA che nella cultura Morin ha sempre combattuto determinismo e riduzionismo. Per Morin la conoscenza si muove nella complessità e la cultura, in particolare quella di massa, è caratterizzata dall’ambivalenza. La sua posizione si è sempre differenziata da quella di apocalittici dell’industria culturale come Adorno, Horkheimer, Macdonald. Morin non è stato il solo a puntare sulle articolazioni concettuali invece che sulle separazioni categoriche nel descrivere scienza e cultura. Analoghi tentativi, per esempio, sono stati quelli di Barthes, Kuhn, Popper, Eco.

VI SONO tuttavia delle peculiarità in Morin che vale la pena sottolineare approfittando di questi due libri, così lontani fra loro nel tempo e nell’oggetto, ma proprio per questo rivelatori di nodi comuni cruciali. Mentre in studiosi come quelli citati prima la dialettica della contrapposizione fra scientifico e irrazionale, cultura e incultura è superabile mettendo in evidenza il rapporto fenomenologico delle coppie dialettiche, che però così rimangono dentro lo stesso schema contrappositivo, in Morin è proprio lo schema a cambiare, ad andare oltre i dualismi e la relazionalità.
In Conoscenza ignoranza mistero vi è una frase particolarmente rivelatrice di questo atteggiamento: «L’ignoto è nel cuore del conosciuto», cioè non all’esterno, come l’opposto che fronteggia minaccioso la scienza.

È PERCIÒ MISTERIOSO conoscere perché quello che conosciamo non riesce a farci dominare tutti i passaggi del processo attraverso il quale arriviamo a comprendere. Cruciale nell’epistemologia della complessità di Morin è che la combinazione delle diverse componenti di un fenomeno non è mai uguale alla considerazione separata di esse.
Tuttavia non semplicemente nel senso che basti pensare la conoscenza come un plesso nel quale si distinguono relazioni di elementi che rimangono inalterati, ma più radicalmente come un complesso nel quale le relazioni possono mutare i loro costituenti e far «emergere» risultati diversi.

NIENTE E NESSUNO può riuscire a trarsi fuori dalla complessità, neanche l’ignoto come si è detto, e men che meno il soggetto che conosce. Per questo anziché pretendere di rimanere distaccati, occorre partecipare a ciò che si cerca di comprendere. Lo spirito del tempo reca traccia di tale modo partecipato di conoscere anche nella scrittura, piena di invenzioni terminologiche e dotata di una sintassi acrobatica che pare competere proprio con la complessità dei fenomeni analizzati.
Una scrittura diversa dal modello geometrizzante della prosa cartesiana e più vicina all’affilato saggismo di derivazione montaigneana. Di non minore influenza in questa scrittura è il montaggio dell’amato cinema che è anche una delle fonti dalle quali Morin deriva le trasformazioni della cultura di massa.
Il ruolo del cinema in Morin è sottolineato dai curatori della nuova ottima traduzione dello Spirito del tempo, quale elemento che ha dato impulso ai visual culture studies. Certamente la visualità e l’immagine sono presenti in Morin, ma forse in un modo non così rappresentativo e precorritore della culturologia della visualità.

IL CONTRIBUTO di Morin va oltre il rinnovamento metodologico e tocca almeno due grandi questioni nella scienza e nella cultura di oggi. Rispettivamente quella dell’inseparabilità di epistemologia e ontologia e quella dello spettacolo quale ritualità che produce effetti, oltre che nella cultura, anche nella politica e nel discorso della comunità scientifica. L’attualità di Morin va cercata in quell’ipercomplessa e partecipata critica dell’ideologia che a suo tempo si era già nutrita dello Spirito del tempo e della complessità e cioè quella sviluppata da Debord nella Società dello spettacolo.