Oh, poveri librai! Come se non bastasse la concorrenza di Amazon che mette a serio rischio la loro sopravvivenza, devono fare i conti con un problema che si fa ogni giorno più complicato: la sistemazione dei libri sui banconi e sugli scaffali. Sono passati i tempi in cui i volumi trovavano facilmente il loro posto: i romanzi fra i testi di narrativa, le raccolte di versi alla voce poesia, i saggi fra i titoli affini, la storia con la storia, la filosofia con la filosofia, le scienze con le scienze, e poi i libri per bambini e ragazzi nella sezione apposita, quella con i tavolini bassi e le seggioline colorate.
Anche allora, certo, poteva capitare un dubbio, un titolo che sfuggiva alle classificazioni, ma erano episodi relativamente isolati e i frequentatori abituali delle librerie trovavano quasi sempre a colpo sicuro il libro che stavano cercando. Ma la modernità liquida ha liquefatto anche le catalogazioni.

Prendiamo il caso di un romanzo, magari non privo di ambizioni letterarie, il cui protagonista sia un diciassettenne che si interroga sulla propria sessualità. Dove lo sistemerà la brava libraia? Fra i testi di narrativa generica? Nella sezione Lgbtq+? Oppure nel reparto Ya (acronimo – per chi non lo sapesse – che sta per Young Adults, libri cioè che si rivolgono a lettrici e lettori adolescenti)?
C’è di che spaccarsi la testa, e la situazione si va complicando sempre di più. Solo pochi giorni fa, per esempio, Vernieda Vergara, giornalista e autrice americana «amante di anime, manga e di tutte le cose inquietanti» ha annunciato su Bookriot l’esistenza di un nuovo genere letterario, il light novel che, tradotto alla lettera in italiano, suona come «romanzo leggero».

Qualcuno obietterà forse che i «romanzi leggeri» non sono propriamente una novità, e neppure un genere a sé stante, ma – ci dispiace – avrà torto. Spiega infatti Vergara: «I light novels sono romanzi brevi e dal ritmo veloce adiacenti ai manga. Molti usano uno stile familiare ai lettori accaniti di manga. La comicità slapstick, la violenza sopra le righe, le reazioni esagerate – tutto questo si può trovare nei light novels. L’unica differenza è che si tratta di narrativa scritta e non di fumetto. Di conseguenza, molti fan dei manga leggono light novels e la maggior parte degli appassionati di light novels leggono i manga».
Ma allora, obietterà di nuovo qualcuno, forse questi «romanzi leggeri» potrebbero rientrare nella categoria Ya? Di nuovo no, risponde Vergara: certo, «i personaggi e gli intrecci sembrano rivolgersi a un pubblico adolescente, e la prosa asciutta è pronta a soddisfare i lettori che, per qualsiasi motivo, non vogliono le descrizioni e le narrazioni complicate che si trovano spesso in letteratura», ma «a leggere manga non sono solo i teenager» e questo vale anche per i light novels.

Sia come sia, il fenomeno si sta consolidando. Non lo attesta solo una voce di Wikipedia (versione inglese) dedicata al nuovo «genere» (che in realtà è nato in Giappone, dove viene chiamato ranobe e dove la connotazione adolescenziale è più spiccata), ma soprattutto il successo di vendite.
Quando Yen On, la prima casa editrice statunitense specializzata in light novels, è nata, nel 2014, si era posta l’obiettivo di pubblicare 24 titoli l’anno, un traguardo che all’epoca appariva ambizioso. Oggi in media la sigla propone una ventina di titoli al mese, e altri editori di manga, come Seven Seas Entertainment, hanno seguito il suo esempio. Anzi, «ci sono perfino case editrici che si dedicano solo a localizzare light novels in inglese», commenta Vergara, concludendo: «Decisamente i tempi sono cambiati». Come non darle ragione?