Kim Phuk è una signora che vive da molti anni in Canada. Mamma di ormai due ragazzi, è stata ritratta nel 1972 mentre scappava nuda e terrorizzata dal suo villaggio in fiamme dopo un bombardamento al napalm: aveva nove anni. Quello scatto del fotografo Nick Ut, premiato con il Pulitzer, è l’icona di un conflitto sanguinoso e della resistenza vietnamita all’esercito statunitense.

Poi accade che lo scrittore norvegese Tom Egeland l’abbia postata su Facebook e che il social network l’abbia rimossa perché ritenuta in odore di pedofolia.

Lo sconcertato scrittore ha così scritto una lettera aperta a Mark Zuckerberg pubblicata sul quotidiano «Aftenpost», accusando il social network di abuso di potere. Egeland nella lettera: l’immagine della bimba nuda in fuga ha cambiato la «narrazione della guerra»; la sua rimozione significa cancellare l’orrore non solo di quella guerra, ma di tutte le guerre.

Un imbarazzato comunicato di Facebook ha richiamato la policy del social network: ogni foto di bambino o di bambina nuda viene cancellato. Non c’è nessuna divisione preposta alla censura in Facebook. A decidere cosa è possibile postare è un algoritmo.

Stavolta, in via straordinaria, facebook farà forse un’eccezione (leggi qui).

Ma è noto che Mark Zuckerberg sia un amante del «politicamente corretto». Su Facebook puoi postare qualsiasi cosa, basta che il contenuto sia conforme al politicamente corretto.

Ha però ragione lo scrittore norvegese: quella di Facebook è una policy che favorisce la stupidità.

L’unico modo per fuggire dalla stupidità è la consapevolezza. L’autodifesa digitale inizia così.