Lavoro

Licenziato dopo il trapianto di fegato, la Oerlikon ritratta

Torino L'incredibile vicenda di un operaio a Rivoli. Dopo le proteste, l'azienda fa marcia indietro

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 10 marzo 2017

Un errore. Una lettera di licenziamento partita per sbaglio, firmata non si bene da chi e perché: cose che succedono, insomma. L’operaio capoturno trapiantato di fegato e licenziato dopo ventisette anni di onorato servizio, nel giorno dell’agognato rientro in fabbrica alla Oerlikon di Rivoli, è stato vittima di un malinteso. L’azienda, dopo lo sciopero totale dei suoi dipendenti, dopo la tempesta mediatica e dopo le inusuali parole del Ministro del Lavoro Poletti, ha fatto sapere che «sta valutando la possibilità di riconsiderare il licenziamento». I vertici della multinazionale, che ha sede in Svizzera e in Italia impiega circa settecento persone nella produzione di trasmissioni per case automobilistiche italiane e non, hanno dichiarato che la lettera di licenziamento non è stata scritta dal responsabile del personale locale e quindi potrebbe essersi trattata di uno spiacevole errore.

Il ministro del Lavoro, che sarà a Torino per la convention del Partito Democratico al Lingotto di Torino, aveva utilizzato parole infuocate per definire il licenziamento «per errore» del signor Antonio Forchione: «È una cosa inconcepibile, inaccettabile, sbagliata. L’azienda si deve prendere la responsabilità di garantirgli un’opportunità».  Prima di lui Cesare Damiano, torinese molto conosciuto nelle fabbriche dell’indotto Fiat, aveva bollato la vicenda come «indegna e riprovevole». Sconcerto e l’indignazione, nonché l’invito alla resistenza, sono i tratti che hanno caratterizzato le parole di tutti si sindacati e buona parte degli esponenti politici. La leggerezza con cui è stata affrontato questo licenziamento, voluto o per sciatteria, dimostra che una reazione così compatta non era prevista.
Lui, Antonio Forchione, era tornato in fabbrica convinto che un percorso di integrazione al lavoro l’avrebbe strappato, perché dopo molti anni di servizio leale non aveva nulla da temere. In officina non può più lavorare perché riconosciuto inabile dall’Inps: però sperava che un posto da impiegato o da magazziniere, anche demansionato perché è un capo turno, gli sarebbe stato riconosciuto. Invece è stato rispedito a casa nel momento in cui varcava la soglia della sua casa, e lì ha trovato la lettera di licenziamento. L’immediata, e compatta, risposta all’azienda è arrivata nel pomeriggio di mercoledì quando l’intera fabbrica si è fermata per due ore. Una scelta coraggiosa dato che la Oerlikon da tempo annuncia un nuovo piano industriale per i tre stabilimenti italiani.

All’uscita della sua fabbrica, circondato dai colleghi si era lasciato andare ad amare considerazioni: «Provo amarezza, ma vedere i miei colleghi battersi per me mi riempie di orgoglio. Ho lavorato per 37 anni e 27 li ho passati in questa fabbrica. Non amo stare con le mani in mano e non mi sono mai lamentato del mio lavoro. Non mi sarei mai aspettato di essere messo da parte così. Come si fa con gli stracci vecchi». La Oerlikon Graziano ha convocato per oggi i rappresentanti sindacali interni e le organizzazioni sindacali per esaminare la vicenda. Lo ha reso noto la Fiom. “ì«Ci auguriamo che l’azienda comunichi formalmente la decisione di ritirare il licenziamento», commentano Gianni Mannori e Edi Lazzi della Fiom di Torino. «Sappiamo che sta pensando di ritornare sui propri passi anche grazie all’intervento e allo sciopero di solidarietà delle organizzazioni sindacali e dei colleghi di lavoro. Se così fosse si tratta di una brutta vicenda che finisce bene, grazie soprattutto alla determinazione delle iniziative fatte a tutela dei diritti dei lavoratori. Purtroppo casi come questo sono tutt’altro che isolati tanto più dopo le modifiche peggiorative dell’articolo 18».

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