Licenziate perché hanno chiesto una stabilizzazione dopo 18 anni di lavoro a partita Iva. È accaduto a tre fisioterapiste che lavoravano all’Istituto riabilitativo Villa Delle Querce di Nemi in provincia di Roma, una delle più grandi strutture del privato sanitario convenzionato nel Lazio.

Per più di tre lustri hanno rispettato gli obblighi dei dipendenti, ma senza i diritti riconosciuti a chi ha un contratto a tempo indeterminato. Hanno lavorato sempre, anche in gravidanza fino all’ottavo mese, in mezzo alle onde elettromagnetiche. E il licenziamento è avvenuto in maniera drammatica. «Siamo state allontanate dal posto di lavoro prima di ricevere la lettera di licenziamento – raccontano – Non ci volevano fare entrare quel giorno, il direttore sanitario, davanti ai pazienti, ci ha licenziate, senza il preavviso di 30 giorni».

Insieme alla Camere del lavoro precario e autonomo (Clap), una realtà del nuovo sindacalismo sociale presente anche a Padova e a Napoli, hanno prima avanzato la richiesta di regolarizzazione. Una richiesta, tra l’altro, giustificata anche dai decreti della regione (159/2016 e 376/2016) che chiede alle strutture convenzionate di mettersi in regola anche con le stabilizzazioni del personale precario. Poi, a seguito dei licenziamenti, hanno proclamato uno sciopero di 24 ore in coincidenza con lo sciopero globale delle donne dell’8 marzo. «Abbiamo seguito l’onda – affermano le lavoratrici – E ci siamo unite al movimento internazionale delle donne Non una di meno che rivendica i nostri diritti. Questi diritti sono stati sepolti da imprenditori che hanno trasformato la sanità in una catena di montaggio, i pazienti e i lavoratori sono stati ridotti a numeri. Non rispettano le loro esigenze e i nostri diritti».

Le abbiamo incontrate al presidio alla regione Lazio dove sono state ricevute dalla Cabina di Regia della Sanità insieme alle lavoratrici e ai lavoratori delle cooperative «Seriana 2000» e «Cir» impiegati da anni all’interno dalla ASL Roma 1 – seguiti anch’essi dalle Clap – e ai centri anti-violenza della Capitale. Le Clap chiedono il ripristino del riposo domenicale e nei giorni festivi per le fisioterapiste di Villa delle Querce, la stabilizzazione del personale formalmente a partita Iva che svolge un lavoro subordinato e il riconoscimento della democrazia sindacale nell’azienda. «Ci siamo rivolte a questo nuovo sindacato perché finalmente è una voce fuori dal coro – raccontano le lavoratrici licenziate – ci sostengono anche legalmente e lottano come facevano i sindacati di una volta, come negli anni Sessanta».

Le lavoratrici temono «ritorsioni» per la loro scelta. «Hanno preso i nomi di chi ha partecipato allo sciopero». Forte è la solidarietà che hanno trovato, prima tra le colleghe, poi nel movimento delle donne. «Siamo serene – aggiungono – siamo qui per motivi più che validi». A. ha 63 anni e per 18 anni ha lavorato con i turni fissi a rotazione in ambulatorio. «Alla mia età trovare un altro lavoro è praticamente impossibile – afferma – E non posso andare in pensione perché non ho abbastanza contributi. Ma essere trattata in quel modo è insostenibile. La mia famiglia mi sostiene, mi dicono che è un mio diritto e che devo andare avanti per conquistarlo. Io posso farlo solo così».