L’udienza è stata fissata per il 18 maggio a Pordenone. Lara Lugli dovrà difendersi dalla citazione per danni della sua ex società. Nel 2019 ricopriva il ruolo di palleggiatrice nel Volley Pordenone, il contratto che la legava al club aveva una clausola: in caso di gravidanza sarebbe scattato il licenziamento per giusta causa. Ed è esattamente quello che è successo: Lara comunica la gravidanza e i dirigenti le rescindono il contratto. Purtroppo subito dopo ha subito un aborto spontaneo. Rimasta senza ingaggio, ha chiesto come suo diritto il pagamento dell’ultimo stipendio, quello relativo all’ultimo mese in cui si era allenata, la risposta è stata la citazione per danni, nell’atto è scritto: «Vendendo prima la sua esperienza con un ingaggio sproporzionato e nascondendo poi la sua volontà di essere madre. Una scelta che ha portato la squadra a doversi privare di lei a stagione in corso, perdendo di conseguenza molti punti sul campo e infine anche lo sponsor».

Laura Boldrini a marzo ha presentato un’interpellanza alla Camera sul caso Lugli. In Aula ha spiegato: «Sono soltanto 4 le discipline sportive che riconoscono il professionismo: il calcio fino alla Lega Pro, il ciclismo su strada, il golf e la serie A1 di pallacanestro. Ma soltanto per gli uomini. Le atlete non sono professioniste in nessun campo, neanche quando vincono le Olimpiadi». La conseguenza è la mancanza di tutele: «Non hanno un vero contratto di lavoro nazionale che dia ciò che spetta a qualsiasi lavoratrice, dal trattamento di fine rapporto alle tutele previdenziali, assicurative, sanitarie. Ci sono accordi privati, accordi in cui si può scrivere perfino che se decidi di essere madre automaticamente sei fuori».

L’Associazione nazionale Atlete – Assist presieduta da Luisa Rizzitelli il 30 aprile ha scritto al presidente della Federazione italiana Pallavolo Giuseppe Manfredi e al presidente del Coni Giovanni Malagò: «Non ci risulta – si legge nella nota – che sia stato assunto alcun provvedimento disciplinare nei confronti della società sportiva di Pordenone che ha consapevolmente fatto sottoscrivere un contratto contenente una clausola inaccettabile prima ancora che nulla, in quanto contraria all’ordine pubblico. Come è possibile che all’atleta Lugli sia stato chiesto, da più parti, inclusa la presidenza che lei ricopre, di trovare una transazione amichevole e non piuttosto di proseguire, come doveroso, nell’ottenimento di quanto alla atleta spetta di diritto».

L’Assist ha messo in fila quante norme il club avrebbe violato: ben 20, dalla Costituzione fino alla Convenzione europea per i diritti dell’uomo. «Nel nostro sport – spiega Rizzitelli da ex pallavolista – la clausola anti maternità è tollerata nonostante sia nulla perché contra legem. La dirigenza sportiva non ha mai voluto fare niente e hanno sempre contato sul silenzio di tutti». La soluzione è il professionismo: «La legge approvata che dovrebbe portare al professionismo non è adeguata: la riforma dice che per un certo tempo le federazioni decideranno in autonomia chi è professionista e chi no prima che diventi obbligatorio. Tutte le grandi federazioni si stanno già opponendo in modo feroce perché la riforma non veda mai la luce. Ora c’è il Covid ma hanno sempre una scusa pronta».