L’annuncio è arrivato da quella che una volta veniva definita «terza camera». Il sempiterno salotto di Porta a Porta di Bruno Vespa mercoledì sera ospitava in pompa magna uno «scontro», addirittura di «una guerra» fra il presidente di Confindustria Carlo Bonomi e il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli. In realtà sono andati d’amore e d’accordo:a ogni richiesta di Bonomi, Patuanelli annuiva. La principale è come al solito da mesi quella dello sblocco dei licenziamenti, bloccati dal governo da inizio pandemia. «Non è pensabile un ulteriore blocco dei licenziamenti», ha scandito Patuanelli strappando un sorriso a Bonomi. Che da settimane ha già quantificato in «centinaia di migliaia» i licenziamenti previsti alla fine del blocco.
Ancora una volta dunque Bruno Vespa ha officiato uno scambio di potere regressiva senza neanche interpellare i sindacati.
Sindacati che ieri hanno subito fatto sentire la loro voce – purtroppo non su Rai 1 in seconda serata – criticando Patuanelli.
La più dura è sicuramente la segretaria della Fiom Francesca Re David: «Trovo abbastanza incredibile che l’unico strumento, tra quelli previsti dallo stato d’emergenza, che si pensa di mettere in discussione sia il blocco dei licenziamenti. Non solo è a rischio la salute dei lavoratori ma adesso è a rischio anche il loro reddito. Se il ministro dello Sviluppo economico può dire e pensare che lo sviluppo economico possa contenere i licenziamenti non so di che sviluppo economico stiamo discutendo».
Le fa eco la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti: «La crisi epidemiologica è purtroppo lontana dall’essere finita. Tenuta dei redditi e stabilità dell’occupazione sono le precondizioni per la ripresa. Allungare gli ammortizzatori Covid e, in ragione della possibilità di prevedere che le imprese possano usare la cig per accompagnare una transizione ancora lunga, mantenere il blocco dei licenziamenti sono decisioni che devono essere prese subito, fino a tutto lo stato di emergenza. Non si può pensare che la libertà di licenziamento sia decisiva per la ripartenza. E in questo senso preoccupano le dichiarazioni del ministro Patuanelli», conclude Scacchetti.
La Cisl considera «inaccettabile» l’interruzione del blocco dei licenziamenti perché significherebbe «un dramma sociale». Lo dice il numero due del sindacato, Luigi Sbarra: «Sono sbagliate e preoccupanti le parole del ministro Patuanelli. L’emergenza continua a colpire duramente tutti i settori, procedere così significherebbe aggravare le condizioni di tantissime persone e famiglie, con ripercussioni esiziali sulla domanda interna».
Una proposta evidentemente paradossale arriva dal segretario della Uilm Rocco Palombella riguardo il contratto dei metalmeccanici: «L’aumento dei salari è fondamentale e imprescindibile perché di solo welfare non si può vivere. Ma siamo disposti a sacrificare, nuovamente, gli aumenti salariali a una condizione: nessun licenziamento nei prossimi tre anni». Uno scambio alla luce delle centinaia di crisi industriali «che rischiano di far perdere decine di migliaia di posti di lavoro», spiega Palombella. Che difficilmente sarà ascoltato da Bonomi.
Ieri Patuanelli ha mantenuto il punto, cambiando però tono e contesti: «Ritengo che il percorso fatto fino adesso, Cig e blocco dei licenziamenti, non può essere prorogato. Non credo che rimandare significhi risolvere il problema». E sulla richiesta dei sindacati di estendere il blocco fino a fine emergenza, Patuanelli risponde: «Non c’è una data di scadenza dell’emergenza. La pandemia non è uno yogurt. Stiamo individuando gli strumenti per non far licenziare, ma non per obbligarle a non licenziare».
La partita dei licenziamenti sarà decisa in legge di bilancio. Nella maggioranza le posizioni sono articolate. E Leu ha già chiesto il prolungamento del blocco: «Dico a Patuanelli, non sommiamo mattanza sociale a pandemia», attacca Nicola Fratoianni.
Toccherà a Gualtieri e Conte prendere la decisione. Una strada di compromesso possibile su cui sta lavorando il governo è prorogare il blocco dei licenziamenti solo per quelle aziende che useranno la cassa Covid o la decontribuzione. Le nuove settimane di cassa integrazione di emergenza sarebbero «retroattive», per fare in modo che non ci sia nessuno che rimane senza ammortizzatori da metà novembre, quando chi l’ha utilizzata in modo continuativo avrà esaurito tutte le settimane attualmente a disposizione: le 18 iniziali più le altre 18 decise in estate.