Libia, voto con suspence sulla risoluzione delle Nazioni unite
La Francia spinge per l'invio di truppe, Russia contraria Ha giocato un brutto tiro al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ieri, il clima di suspence che da giorni circonda la Libia, clima che sembra preparare il conto alla rovescia […]
La Francia spinge per l'invio di truppe, Russia contraria Ha giocato un brutto tiro al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ieri, il clima di suspence che da giorni circonda la Libia, clima che sembra preparare il conto alla rovescia […]
Ha giocato un brutto tiro al ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, ieri, il clima di suspence che da giorni circonda la Libia, clima che sembra preparare il conto alla rovescia per l’invio di una missione militare.
Il titolare della Farnesina aveva convocato in tutta fretta per le sei di sera una conferenza stampa per annunciare l’attesissimo voto del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite sulla risoluzione in appoggio al governo di unità nazionale che dovrebbe insediarsi a Tripoli. Ma a quanto pare la discussione al Palazzo di vetro di New York è andata avanti più del previsto e a causa del fuso orario Gentiloni ha dovuto annullare il suo discorso.
Il fatto è che all’Onu il testo della bozza di risoluzione che circolava ieri pomeriggio veniva nel frattempo emendata dalla Russia. Su insistenza di Mosca è stato infatti introdotto un paragrafo che incoraggia tutte le parti libiche a cogliere l’opportunità di impegnarsi costruttivamente con il governo di unità nazionale, in linea con le dichiarazioni sulle «porte aperte» del nuovo inviato speciale dell’Onu Martin Kobler.
Ma senza riferimenti espliciti al capitolo sette, che autorizza l’uso della forza, con solo un riferimento alla risoluzione 2238 del 10 settembre che la situazione in Libia «costituisce una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale» e offre un mandato di fatto ai Paesi che intendano «assistere il governo di unità nazionale», sollecitandone il sostegno, «se richiesto», di fronte a minacce dell’Isis e dei gruppi affiliati come Ansar al Sharia.
La Francia preme invece per accelerare l’intervento armato e il quotidiano Le Figaro ieri ha pubblicato una indiscrezione su un piano di intervento militare francese, con o senza la copertura Onu, entro sei mesi, prima di primavera, considerato «necessario e urgente». Mentre l’idea che la coalizione internazionale a sostegno del nascente governo di unità nazionale sia a guida italiana per il quotidiano d’Oltralpe è giudicata alla stregua di un annuncio di Renzi, con un baule al seguito pieno di condizionali e subordinate. L’Italia, si dice, oltre a mettere a disposizione le basi per raid e trasporto truppe sul suo territorio, potrebbe inviare una squadra di carabinieri e di forze speciali. Londra ha già preso un impegno più concreto: mille uomini da dispiegare sul campo come addestratori e consiglieri.
Il governo di unità nazionale presieduto da Faiz al Seraj e nato dall’accordo siglato a Skhirat in Marocco una settimana fa è tutt’altro che solido e autorevole. Non è stato riconosciuto neanche dai presidenti dei due parlamenti rivali Nuri Abu Sahmain del Gnc (di Tripoli) e Aguila Saleh dell’Hor (di Tobruk), che pure da due giorni sono ospitati dal sultanato dell’Oman – che ospita la famiglia Gheddafi – a questo scopo.
Il sostegno più deciso finora Seraj l’ha avuto dal generale Khalifa Haftar, capo dell’esercito del governo riconosciuto internazionalmente distaccato a Beida (Tobruk), cittadina più sicura della capitale, dove la notte scorsa una bomba probabilmente dell’Isis ha distrutto un santuario sufi, reo di ospitare le feste per il compleanno di Maometto troppo simili e coincidenti con quelle del Natale.
Haftar grazie all’appoggio Onu spera nella fine dell’embrago all’import di armi che gli consentano di confermarsi l’uomo forte e fermare l’Isis che invece adesso dalla roccaforte di Sirte assalta la città di Ajdabiya verso i terminal petroliferi di Ras Lanuf e Sidra mentre a sud minaccia i pozzi di estrazione. Rachele Gonnelli
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