Cade il governo libico, targato Fratelli musulmani. Dopo il fallito rapimento dello scorso ottobre ad opera di miliziani armati, è stato il Congresso generale a sfiduciare il premier Ali Zeidan, in carica dal 14 novembre 2012, in seguito alla vittoria alle elezioni parlamentari del movimento islamista libico. Con 124 voti contrari su 194, l’esponente dei Fratelli musulmani conclude così il suo mandato.

Il ministro della difesa, Abdullah al-Thani è stato designato premier pro-tempore, per i prossimi 15 giorni, in attesa che venga stabilita la data delle prossime elezioni, entro tre mesi. In verità, il parlamento libico avrebbe dovuto chiudere il suo mandato lo scorso febbraio. Secondo la roadmap, definita per la stesura della nuova Costituzione, elezioni politiche avrebbero già dovuto avere luogo. Il prolungamento della durata del parlamento aveva causato diffuse manifestazioni a Tripoli, in occasione del terzo anniversario dalle rivolte del 2011.

Per traffico di armi, presenza di islamisti radicali e milizie armate, la Libia sta attraversando una delle fasi più critiche nella transizione post-Gheddafi, avviatasi solo grazie ai bombardamenti dell’Alleanza atlantica nel 2011 e terminata con la violenta uccisione dell’ex Colonnello. Tuttavia, la goccia che ha fatto traboccare il vaso e costretto Zeidan alle dimissioni è stata la fuga della petroliera nordcoreana Morning Glory. Ieri mattina la petroliera alla fine ha lasciato il porto di Sidra, scortata dai ribelli, ed è riuscita a raggiungere le acque internazionali.

La nave, di proprietà saudita, è partita dalla Libia con un carico di 234mila barili di petrolio. Secondo la stampa locale, lo scorso fine settimana, i separatisti della Cirenaica avevano iniziato a caricare illegalmente la nave di greggio. E così, il ministro della Difesa aveva schierato navi e aerei militari al largo del porto di Sidra, a 20 chilometri da Ras Lanuf, per bloccare la petroliera nordcoreana, ormai carica di petrolio. I ribelli avevano infatti ignorato un primo ordine del governo di smettere di imbarcare greggio. Per questo, il ministro della Cultura Amin al-Habib aveva minacciato di trasformare la nave in un «mucchio di metallo», mentre il ministro del Petrolio, Omar Shakmak, aveva lanciato accuse di «pirateria».

La vicenda aveva determinato anche la dura reazione del dipartimento di Stato Usa. Il portavoce, Jen Psaki aveva espresso «profonda preoccupazione» per il carico di petrolio «ottenuto illegalmente» dalla Morning Glory. Psaki aveva aggiunto che il petrolio libico appartiene alla Libyan National Oil Company e ai suoi partner internazionali, tra i quali varie compagnie statunitensi.

Il premier Ali Zeidan aveva minacciato di bombardare la nave se avesse lasciato le coste libiche. Appena lo scorso gennaio la marina libica aveva aperto il fuoco contro una petroliera battente bandiera maltese. E così, per rafforzare la sicurezza dei porti, lunedì il parlamento libico aveva dato il via libera alla formazione di una forza militare incaricata di riconquistare tutti i porti in mano a ribelli e separatisti. Il testo prevedeva in particolare la formazione di una «forza militare» incaricata di liberare i porti libici della Cirenaica.

Che il governo libico fosse in gravi difficoltà era apparso più che evidente già alla conferenza di Roma dello scorso sei marzo. In quell’occasione la situazione sul campo ci è stata descritta in tutta la sua tragicità dal ministro degli Esteri Mohammed Abdelaziz. «La costruzione delle istituzione libiche attraversa una fase estremamente delicata», ha dichiarato al manifesto Abdelaziz. «In Libia non c’è lo stato. Dobbiamo ripartire da zero. La giustizia non assicura la punizione dei criminali e lo stato di diritto è assente, la maggior parte delle scuole pubbliche non ha porte né finestre, quasi tutti gli ospedali pubblici non hanno i servizi igienici essenziali.

E così, l’assenza di sicurezza ha un impatto diretto sull’efficacia dell’azione del governo», ha proseguito Abdelaziz. In quell’occasione Ali Zeidan si era impegnato per elezioni trasparenti, la decentralizzazione delle responsabilità amministrative, per mettere fine al traffico di munizioni e avviare il dialogo nazionale con i separatisti. Eppure traspariva già il timore che il suo governo avesse le ore contate. E così è stato.