I jihadisti di Ansar al Sharia vanno al contrattacco. Dopo l’offensiva dell’ex agente Cia, Khalifa Haftar, che la scorsa settimana ha costretto alla ritirata temporanea i miliziani combattenti che nel luglio scorso avevano conquistato Bengasi, una serie di attentati ha dilaniato il capoluogo della Cirenaica. Sarebbero almeno 75 i morti negli attacchi suicidi, avvenuti negli ultimi cinque giorni di combattimenti. Le milizie islamiste avevano lanciato una serie di appelli ai loro sostenitori nell’est della Libia e a tutti i combattenti armati a mobilitarsi per dare «una risposta alle bande del criminale Khalifa Haftar». Nell’appello, citato dai media libici, si chiede di contattare al più presto i capi delle brigate armate e di scagliarsi contro i miliziani che hanno appoggiato l’ex militare, soprattutto i Zintani che hanno sostenuto per primi il tentativo di colpo di stato perpetrato da Haftar nel maggio scorso.

Anche una donna è rimasta uccisa in uno degli attacchi dinamitardi contro una residenza, nel centro di Bengasi, del generale Khalifa Haftar. Un’altra combattente è rimasta ferita. Tra i morti c’è anche il coordinatore umanitario per il sostegno ai rifugiati di Bengasi, Omar Amsib el Mashiti. L’operatore è stato trovato morto dai servizi di sicurezza libici. L’uomo sarebbe stato freddato con un colpo d’arma da fuoco. Mashiti era stato rapito lo scorso martedì davanti alla sua casa di al Kwarsha, a ovest di Bengasi; aveva accusato di recente funzionari del consiglio municipale di Bengasi di aver sottratto i fondi destinati all’assistenza agli sfollati della città. Secondo l’Agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr), sono oltre 300 mila gli sfollati interni in Libia dopo lo scoppio delle violenze l’estate scorsa.

Centinaia di profughi hanno tentato negli ultimi giorni di lasciare la Libia. In particolare, 196 migranti sono stati arrestati mentre tentavano di superare il confine libico attraverso il deserto che separa la Libia dall’Egitto. Il ministero degli esteri egiziano ha rinnovato l’allerta agli egiziani di lasciare il paese e a camionisti e agenti commerciali di non passare dal porto di Tobruk per questioni di sicurezza. Decine di egiziani, tra cui sia sostenitori dei Fratelli musulmani sia ufficiali dell’esercito, sono accusati di aver preso parte ai combattimenti nelle fila delle milizie islamiste Scudo di Misurata, 17 febbraio, Ansar al Sharia, o per le milizie pro-militari tra cui i più agguerriti guerriglieri di Zintan. Molti di questi combattenti egiziani sono stati arrestati con l’accusa di immigrazione illegale e marciscono nelle carceri libiche.

Con l’aggravarsi della crisi, si susseguono gli appelli per un cessate il fuoco tra militari e islamisti. «La situazione in Libia si è molto deteriorata», ha detto l’Alto rappresentante uscente per gli Affari esteri dell’Unione europea, Catherine Ashton. Anche i governi di Francia, Italia, Germania, Regno Unito e Usa, i cui rappresentanti diplomatici in molti casi hanno lasciato il paese, condannano le violenze che si stanno commettendo in Libia e chiedono un’immediata cessazione delle ostilità. I firmatari del comunicato hanno condannato «i crimini commessi dai gruppi Ansar al-Sharia e gli attacchi di Khalifa Hafter a Bengasi». Con l’inviato speciale per la Libia dell’Onu, Bernardino Leon, questi paesi sono pronti ad adottare, «sanzioni individuali contro coloro che minacciano la stabilità in Libia».