Il premier in pectore del Governo di accordo nazionale (Gna), Fayez al-Serraj, ha chiesto ieri a Stati uniti e Unione europea di cancellare l’embargo sulle armi per il Gna e di scongelare centinaia di milioni di dollari in beni, bloccati dopo i disastrosi attacchi della Nato del 2011. La richiesta è arrivata durante gli incontri con il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, e il presidente tunisino, Beji Caid Essebsi.

«Non ha senso che la comunità internazionale sostenga la nostra guerra al terrorismo e ci proibisca di armarci», ha tuonato Serraj. Il ministro della Difesa italiana, Roberta Pinotti, aveva ammesso che non è ancora il momento per attaccare la Libia, come richiesto da al-Serraj in difesa dei pozzi di petrolio, insistendo che il Gna sta trovando non poche complicazioni per affermare il controllo sul paese.

L’inviato speciale delle Nazioni unite, Martin Kobler, ha descritto ieri la Libia come uno «stato fallito» che dovrebbe essere riunificato affinché «ogni libico si senta parte del Gna». In realtà al-Serraj sta faticando molto ad ottenere il sostegno delle fazioni più intransigenti di Tripoli e Tobruk, entrambe impegnate ad accreditarsi di fronte a Usa, Francia, Gran Bretagna e Italia come essenziali per pacificare il paese.

Già il presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, alla vigilia del suo attacco in Libia dello scorso anno, aveva chiesto la fine dell’embargo delle armi in sede Onu per l’auto-proclamatosi capo delle Forze armate, Khalifa Haftar. In quella occasione non si raggiunse l’accordo necessario e l’intervento di terra egiziano, che avrebbe potuto determinare l’annessione ufficiale di parte della Cirenaica, non ebbe mai luogo. Ora le condizioni sul campo sono diverse e i principali paesi che agiscono in Libia per procura hanno assicurato il loro sostegno per al-Serraj, ad eccezione della Francia che continua a sostenere Haftar e le mire egiziane sul petrolio libico.

Uno dei parlamentari di Tobruk, Mohammed al-Raeid, ha tuttavia assicurato che un voto di fiducia di 101 dei 200 deputati della Cirenaica è stato già espresso. Raeid ha poi duramente accusato lo speaker del parlamento, Aqilah Saleh, che avrebbe, secondo lui, impedito in ogni modo che il voto si svolgesse regolarmente. La riunione dei 101 si è tenuta infatti a Ghadames e non a Bayda o Tobruk. Saleh ha più volte espresso il suo sostegno per Haftar e ha dichiarato non valido il voto per mancanza del quorum necessario.
Il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, aveva sostenuto che anche Haftar dovrebbe avere «un ruolo» nel Gna. Per risolvere questi nodi, la diplomazia italiana e Usa stanno organizzando una conferenza sulla Libia a Vienna per il 16 maggio.

I magistrati di Washington hanno fatto sapere che non chiederanno la condanna a morte per Ahmed Abu Khatallah, leader di Ansar al-Sharia, ritenuto responsabile dell’attacco al Consolato di Bengasi in cui perse la vita l’ambasciatore Usa, Chris Stevens.

Da parte sua, il comandante delle forze di confine di Ajdabiya, non ha concesso il permesso ad Haftar e alle sue milizie di usare l’area per lanciare attacchi contro lo Stato islamico (Isis) a Sirte.

Nei giorni scorsi Haftar si era impegnato a sconfiggere i jihadisti nella loro roccaforte, dopo la fuga di massa dalla città di Derna, ora controllata da al-Qaeda in Libia, da Ansar al-Sharia e dal consiglio della Shura. Sul fronte di al-Hilah e al-Fatayeh, nella periferia di Derna, tre miliziani dello Stato islamico (Isis) sono stati uccisi in scontri con i guerriglieri anti-Isis.

Secondo l’Organizzazione internazionale delle migrazioni (Oim), ong e municipalità locali a Bani Waleed e Tarhouna hanno prestato soccorso a migliaia di sfollati interni che fuggivano dalla zona di Sirte.

Gli abitanti della città scappano da combattimenti e raid, lanciati dalla parte dell’esercito fedele ad Haftar sulla città natale di Gheddafi.

La guida delle milizie Petroleum Protection Guard, Ibrahim Jadran, rimasto ferito negli scontri, ha accusato Haftar di aver orchestrato un complotto per controllare i terminal petroliferi.
In un comunicato, Jadran ha affermato che Haftar ha dispiegato brigate ciadiane e gruppi ribelli sudanesi per controllare i porti e i terminal petroliferi con il pretesto di dover liberare Sirte.