«Nell’arco di 48 ore almeno nove imbarcazioni che trasportavano più di 600 migranti sono state scoperte sulla rotta del Mediterraneo centrale», ha dichiarato ieri l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Delle nove barche menzionate cinque sono state intercettate dalle navi delle Ong Ocean Viking, Open Arms e Aita Mari. 367 i naufraghi tratti in salvo. Sempre secondo l’Oim altre quattro imbarcazioni sono state riportate in Libia (il totale sarebbe di 289 persone).

Un’altra barca è stata messa al sicuro dalla guardia costiera maltese, anche grazie a segnalazioni e pressioni di Alarm Phone. Nel tardo pomeriggio di ieri il progetto che raccoglie gli allarmi delle persone in pericolo lungo la rotta che unisce le coste libiche a quelle italiane ha twittato informazioni a proposito di tre casi. Di due imbarcazioni, con a bordo 90 e 45 persone, si sono persi improvvisamente i contatti. Mentre una terza sarebbe naufragata causando la morte di 60 persone. La notizia è stata comunicata da alcuni pescatori locali, che però non hanno voluto fornire ulteriori prove per paura di ritorsioni da parte delle autorità libiche. È stato invece confermato il ritrovamento di sei cadaveri nelle acque di Homs, 130 chilometri a ovest di Tripoli. Nello stesso episodio sarebbero state coinvolte altre 90 persone, riportate in Libia.

«L’apparente aumento delle partenze dalla Libia arriva in un momento in cui Tripoli e le aree circostanti sono colpite da pesanti bombardamenti, probabilmente i più duri dall’inizio del conflitto in aprile», ha denunciato l’Oim in una nota. Il capo della missione libica dell’organizzazione, Federico Soda, ha espresso preoccupazione per la sicurezza dei migranti, sempre più esposti agli scontri militari e ai trafficanti di uomini. «La Libia non è un porto sicuro. È necessario attivare un meccanismo di sbarco sicuro e strutturato per i migranti che fuggono da violenza e abusi», sostiene ancora l’Oim.

Con l’aumento delle persone in fuga il ruolo delle navi umanitarie diventa sempre più importante per salvare vite umane e provare a mettere fine a una strage che continua senza sosta. Lo ha ribadito la missione Mediterranea Saving Humans, al momento ferma a causa dei provvedimenti giudiziari contro le sue imbarcazioni. «Solo grazie alle navi della società civile esiste una terza possibilità, l’unica umana e legittima: il soccorso e la messa in salvo in un porto sicuro, quello che Ocean Viking, Proactiva Open Arms e Maydayterraneo-Proyecto Aita Mari devono poter raggiungere prima possibile – scrive Mediterranea – Per salvare tutti, il mare dovrebbe essere riempito delle nostre navi. Invece ce ne sono quattro ancora sequestrate. Questo governo potrebbe liberarle subito».