Una delle milizie della galassia islamista radicale avrebbe ripreso il controllo del centro della città di Derna. Erano mesi che i jihadisti dello Stato islamico (Isis) si vantavano di avere il controllo dei principali edifici pubblici della città. Eppure ad avere la meglio non è stato di certo l’esercito regolare libico né i soldati che hanno deciso di appoggiare il generale Khalifa Haftar in Cirenaica. È stato il Consiglio dei mujaheddin, che include: al-Qaeda in Libia (nella foto) fondata da Salim Derbi; Ansar al-Sharia, responsabile della distruzione di Bengasi e dell’attentato contro il consolato Usa nel capoluogo della Cirenaica, costato la vita all’ambasciatore di Washington, Chris Stevens; insieme alle brigate del Martire Abu Salim.

Insomma un cartello di gruppi salafiti e jihadisti che in Libia hanno spesso rapporti stabili anche con gli islamisti moderati che non fa certo ben sperare per la stabilizzazione della città costiera. I combattenti di Isis sarebbero in fuga verso Sirte, città natale del colonnello Muammar Gheddafi, che resta sulla carta l’ultima roccaforte di Isis in Libia. In realtà la presenza dei jihadisti radicali nel paese è stata spesso esagerata dalle cancellerie occidentali per giustificare un possibile attacco.

I combattimenti per la «liberazione» di Derna sono andati avanti per mesi. Le alture Fatayah restavano l’ultimo baluardo di Isis in città. La conferma dell’operazione è arrivata da uno dei comandanti della milizia qaedista, Miftah Hamza. Ora sarebbe in corso una bonifica del centro città che potrebbe essere stato minato dai jihadisti che avrebbero anche interrotto la fornitura di corrente elettrica e messo fuori uso il sistema idrico locale.

Il generale Haftar, auto-proclamatosi capo delle Forze armate, ha assicurato di aver partecipato all’azione. Ma i qaedisti locali non solo smentiscono il coinvolgimento delle forze di Tobruk ma accusano i soldati del parlamento della Cirenaica di aver colpito in varie occasioni i combattenti qaedisti. Il parlamento di Tobruk ha più volte rinviato il voto di fiducia del governo di unità nazionale (Gna), insediatosi ormai da quasi un mese a Tripoli, e guidato da Fayez el-Serraj. L’esecutivo, formatosi con la mediazione delle Nazioni unite, ha trovato dura opposizione anche in Tripolitania.

Il premier islamista, Khalifa Gweil, che dopo una prima resistenza aveva assicurato il suo appoggio ad al-Serraj, ha di nuovo messo in discussione la legittimità del Gna. Gli Stati uniti hanno imposto delle sanzioni ad personam contro Gweil lo scorso martedì. Il Tesoro Usa ha congelato qualsiasi asset di Gweil negli Stati uniti con lo scopo di rafforzare il Gna, fortemente voluto dai governi occidentali. Ma la presidenza Obama ha esteso possibili sanzioni a qualsiasi libico che possa minare gli «sforzi di pace» in Libia. Eppure una possibile missione di peace-keeping non appare ancora archiviata. I ministri degli Esteri di Francia, Gran Bretagna e Germania hanno già annunciato nei giorni scorsi la possibile riapertura delle loro rispettive rappresentanze diplomatiche nel paese.

Mentre l’Agenzia delle Nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) ha confermato che sarebbero almeno 500 i migranti partiti da Tobruk e mai arrivati sulle coste greche lo scorso 7 aprile. L’allarme per il naufragio era stato lanciato da 41 sopravvissuti che avevano raggiunto Kelemata nel Peloponneso. Poco prima il consigliere militare dell’inviato Onu in Libia, Martin Kobler, aveva ammesso che «ci sono un milione di potenziali migranti», pronti a lasciare il paese. Insieme all’avanzata di Isis, anche il tema dei flussi migratori è stato spesso utilizzato dai governi occidentali per poter giustificare un attacco.