Questa volta a dare l’allarme è stato l’Unhcr, l’Alto commissariato Onu per i rifugiati. Due imbarcazioni, probabilmente due barconi di legno, sono affondate la scorsa notte cinque miglia al largo della città libica di Khoms, in Tripolitania. E il numero delle vittime è talmente alto che l’italiano Filippo Grandi, Alto commissario Onu per i rifugiati, non ha esitato a definire l’ennesimo naufragio di migranti come la «peggiore tragedia dell’anno nel Mediterraneo»: almeno 150 morti, tra i quali un numero ancora imprecisato di donne e bambini. «E’ ora di ripristinare il soccorso in mare – ha chiesto Grandi -, mettere fine alla detenzione dei migranti e rifugiati in Libia e aumentare i percorsi sicuri per uscire dal Paese, e questo deve avvenire ora, prima che sia troppo tardi per molte altre persone disperate». Tra i 135 sopravvissuti riportati in Libia dalla Guardia costiera di Tripoli anche sei donne, tre delle quali incinta.

I due barconi erano partiti mercoledì pomeriggio verso le sei da Khoms, città costiera situata 120 chilometri a est della capitale libica. Nessuna certezza su quante persone complessivamente si trovassero a bordo. Alcune fonti, tra le quali la Guardia costiera libica, parlano di almeno 250 migranti, ma stando a quanto alcuni sopravvissuti hanno raccontato ai volontari di Medici senza frontiere che li hanno assistiti, ce ne sarebbero state almeno 300, una cinquantina delle quali erano donne e bambini. La maggior parte dei migranti era di origine eritrea, più qualcuno proveniente dalla Palestina e dal Sudan.

I problemi sarebbero cominciati appena due ore dopo la partenza quando, ormai al largo, almeno uno dei due motori si sarebbe rotto ed entrambe le imbarcazioni avrebbero prima cominciato ad imbarcare acqua e poi si sarebbero rovesciate facendo cadere in mare quanti si trovavano a bordo. A intervenire per primi in soccorso dei migranti sono stati alcuni pescatori locali che hanno detto di aver visto almeno 70 corpi galleggiare tra le onde. In seguito sono intervenute alcune motovedette della Guardia costiera libica, che ha fornito una bilancio diverso della tragedia: «Abbiamo salvato 134 migranti e recuperato un corpo, il resto dei 115 migranti che erano a bordo sono morti», ha detto il portavoce della Marina libica, Ayoub Qasem. Cifra non confermata dall’Unhcr che stima invece in «150 i migranti affogati e morti».

Per quanto riguarda i sopravvissuti «sono sotto shock e hanno sintomi di pre-annegamento come ipossia e ipotermia», hanno spiegato in serata i medici di Msf presenti a Khoms, dove i naufraghi sono stati riportati.

La politica dei porti chiusi del governo gialloverde non scoraggia quanti sono determinati a fuggire dall’inferno libico. Sempre ieri l’aero Moonbird della ong Sea Watch ha avvistato alle 8,30 del mattino un gommone con 75 persone 50 miglia dalle coste libiche, in piene acque internazionali. L’equipaggio denuncia di aver provato a chiedere l’intervento di un mercantile che si trovava in zona senza però ricevere risposta. E non sarebbe l’unico: Secondo la piattaforma Alarm Phone in queste ore ci sarebbe almeno sette gommoni carichi di disperati che stanno tentando di raggiungere l’Europa, mentre da più di 12 ore un peschereccio di Sciacca attende in acque maltesi cosa fare dei 50 migranti che ha preso a bordo dopo averli tratti in salvo dal gommone sul quale si trovavano. Dopo l’Unhcr anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha chiesto di riprendere i soccorsi in mare: «Sarebbe importante rafforza i meccanismi per eventuali naufragi e aumentare la presenza di navi soccorso in alto mare», ha detto il portavoce, Flavio Di Giacomo, ricordando come quest’anno siano più di 570 le persone morte mentre tentavano di attraversare il Mediterraneo.