Dalla rivolta di Stonewall del 27 gugno 1969 contro la brutalità della polizia – evento che si celebra ogni anno con i Pride – alla vittoria davanti alla Corte suprema sul matrimonio egualitario: per Raffaella Baritono, docente di storia delle Americhe all’Università di Bologna, il cambiamento nella condizione lgbt non è piovuto dal cielo.

Cos’è mutato negli Usa in questo cinquantennio?

L’azione dei movimenti femministi e lgbt a partire dai lunghi anni ’60 ha cambiato l’orizzonte politico e culturale degli Usa su una molteplicità di piani: politico e giuridico, ma anche culturale e simbolico. L’allargamento dello spettro dei diritti individuali e collettivi è il frutto del recepimento da parte dell’opinione pubblica di temi quali il valore delle differenze e le identità plurali, che sono stati riconosciuti come parte della cittadinanza. Inoltre, c’è stata una sorta di messa a frutto positiva delle espressioni della cultura di massa (cinema, tv, pubblicità), che hanno sia raccolto, sia favorito il cambiamento culturale, dialogando con l’ambito accademico.

La questione dei diritti lgbt può essere considerata un metro del rapido cambiamento sociale, culturale e politico e, d’altra parte, come un fattore di nuove polarizzazioni negli Usa?

Per comprendere il cambiamento, è necessario ancora fare mente locale sui movimenti degli anni ’60, che hanno svelato le contraddizioni poste a fondamento della democrazia americana, in particolare mettendo a nudo il patriarcato e le strutture di potere all’interno della famiglia. I movimenti femministi e lgbt hanno chiarito che la libertà americana aveva convissuto con un sistema illiberale e di esclusione. Si tratta di un messaggio potente, che smonta un concetto-cardine della democrazia americana – quello di libertà – nella forma in cui era stato tradizionalmente inteso, e che non poteva non generare grandi conflitti: non a caso è stata coniata l’espressione guerre culturali. D’altra parte, se è vero che il cambiamento è stato recepito in modo più veloce da giovani, donne, ceti urbani e abitanti delle due coste, si deve sfuggire alla tentazione di semplificare, immaginando dicotomie del tipo destra-sinistra o liberal-conservatori. Le posizioni sono assai diversificate e, all’interno della stessa destra, esistono contraddizioni: i giovani non legati alla destra religiosa e le correnti libertarie si sono mostrati aperti alle istanze del movimento lgbt. E questa complessità spiega in parte la rapidità del cambiamento.

Ancora una volta (come per l’integrazione razziale e l’aborto), il ruolo della Corte suprema è determinante nell’affermazione dei diritti fondamentali, specie di quelli civili. È una prova di debolezza o al contrario di forza della democrazia americana?

Entrambe le cose. Da un lato è una peculiarità del sistema americano e una prova di dinamismo, dato che la Corte suprema è dotata di un potere costituente e ha occupato storicamente un ruolo politico, rendendosi protagonista di passaggi significativi che hanno trasformato il sistema politico, sociale e culturale. A partire dagli anni ’60 la Corte contribuì all’accelerazione del processo di modernizzazione della società, con le sentenze Griswold v. Connecticut (1965) sull’uso degli anticoncezionali e Roe v. Wade (1973) sull’aborto, entrambe fondate sul principio della privacy. D’altro canto, il ruolo della Corte suprema è un segno di debolezza del sistema politico, e la Corte assume un ruolo di supplenza quando deve sciogliere nodi che la politica non ha il coraggio di affrontare. Basti pensare alla segregazione razziale, sulla quale la Corte intervenne nel 1954 con la sentenza Brown v. Board of Education of Topeka.
Il superamento della discriminazione matrimoniale basata sull’orientamento sessuale si affianca alla persistenza del razzismo, anche istituzionale: l’America mostra un doppio volto rispetto ai diritti delle minoranze?

Credo che il doppio volto dell’America abbia a che fare con una duplice idea di libertà, che ha sempre caratterizzato la storia della cittadinanza negli Usa: un’idea di Nazione da un lato aperta e inclusiva, dall’altro chiusa ed esclusiva. Penso inoltre che per osservare analogie e differenze tra razzismo e omofobia sia necessario operare una diversificazione e guardare al prodotto dell’intersezione di più discriminanti (di razza, genere, classe e orientamento sessuale), perché è questo che ci dice della possibilità di essere riconosciuti come cittadini. Ciò detto, ritengo che il successo del movimento lgbt vada ricondotto a una certa coerenza delle sue rivendicazioni con concetti che sono alla base dell’idea americana di libertà, e che sono condivisi da liberal e da conservatori: la centralità dell’individuo, la subordinazione dello Stato ai diritti individuali, la preesistenza della società civile auto-organizzata rispetto allo Stato. La questione razziale, d’altro canto, tocca corde profonde dello stato delle relazioni tra bianchi e neri, per come si sono definite a seguito della schiavitù e della Guerra civile. Non bisogna dimenticare che negli Usa, a differenza dell’Europa, le logiche coloniali e quelle anticoloniali hanno dovuto convivere nello stesso spazio politico. Credo che questa peculiarità contribuisca a spiegare il doppio binario delle discriminazioni.