Niente da fare: la giustizia spagnola conferma la sua esagerata implacabilità. Oriol Junqueras, leader di Esquerra Republicana, uno dei due partiti chiave dell’indipendentismo, rimane in carcere in attesa di giudizio. La dura decisione, presa all’unanimità dai tre giudici del riesame, si basa in sostanza sul convincimento dei magistrati che se lasciato in libertà l’accusato potrebbe nuovamente delinquere. I gravi crimini di cui è accusato sono quelli di sedizione e ribellione, e secondo i giudici Junqueras, pur non avendo personalmente commesso alcun atto violento, ha difeso pubblicamente l’indipendenza catalana incitando i cittadini a disobbedire agli ordini del Tribunale costituzionale.

 

Oriol Junqueras 2

Pur riconoscendo che difendere l’idea dell’indipendenza – vivaddio – non è in sé un delitto, secondo l’atto dei magistrati, ci sarebbe stato «un piano di divisione di compiti» per la dichiarazione unilaterale di indipendenza e contro il Tribunale costituzionale. Per dimostrare che avrebbe cercato come vicepresidente della Generalitat di ribellarsi «contro lo stato spagnolo, la Costituzione, lo statuto di autonomia e l’ordinamento giuridico», i magistrati ricordano che gli indipendentisti hanno cercato di celebrare un referendum dichiarato illegale e ne avrebbero proclamato i risultati, per arrivare a proclamare l’indipendenza catalana. Cosa che peraltro non è avvenuta, giacché il Parlament votò una risoluzione un po’ furbetta in cui però non c’era scritto che si dichiarava la repubblica catalana.

Secondo i magistrati il diritto di poter esercitare i propri diritti politici non può essere più importante di un processo penale. L’atto non dà alcun peso alle dichiarazioni rese da Junqueras, che aveva detto di volere il dialogo, perché tanto lo stato spagnolo non accetterebbe mai una Catalogna indipendente e quindi si tornerebbe allo scontro con Madrid.