A Tokyo è terminato ieri notte lo spettacolo diplomatico che il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, ha allestito per il suo ospite, il presidente americano Donald Trump.

Fin dai primi giorni dell’elezione di Trump un anno fa, Abe ha dato molta enfasi al legame personale con il presidente Usa. Questa visita di stato mostra perché e quale può esserne il prezzo.

Tra telefonate, cene fuori e partite a golf – Abe aveva regalato in passato a Trump una mazza da golf in oro – il premier giapponese ha allestito un spettacolo utile come messaggio per i vicini asiatici. La sicurezza giapponese, che sembrava in dubbio dopo la campagna elettorale di Trump – che non aveva risparmiato i suoi strali per il Giappone colpevole a suo dire di comprare troppo poco dagli Stati uniti e di godere della protezione americana senza pagarne appieno il prezzo – è più solida che mai.

Abe spera così di continuare a coltivare il suo nazionalismo revisionista all’ombra della garanzia americana, senza che il suo partito di governo debba assumersi la piena responsabilità che i suoi gesti e le sue parole hanno sui vicini asiatici.

Secondo molti analisti di politica estera e parte dell’opposizione, infatti, tanto le continue visite al santuario di Yasukuni (dove sono onorati i caduti della guerra e fra loro anche i criminali di guerra) quanto le continue dichiarazioni negazioniste dei misfatti dell’armata giapponese da parte di vari esponenti del suo partito avrebbero conseguenze molto più gravi per la regione senza la garanzia americana.

Le parole tanto agognate da Abe sono giunte all’arrivo di Trump alla base aerea americana di Yokota, alle porte di Tokyo: Trump ha rinnovato la solidità dell’impegno Usa alla difesa giapponese. Al suo arrivo il presidente americano ha anche menzionato la minaccia nordcoreana per il Giappone.

In un incontro privato i due leader hanno parlato di aumentare la pressione sulla Corea del Nord, escludendo che sia il momento di negoziati. Il Giappone, ha dichiarato Abe in conferenza stampa, aumenterà le sanzioni verso il regime nordcoreano congelando i patrimoni di 35 individui e organizzazioni legate al regime.

Sanzioni che si aggiungono a quelle annunciate ieri dalla Corea del Sud relative ad altri 18 enti nordcoreani operanti all’estero e già sanzionati dagli Usa. I due hanno accennato all’ipotesi di reintrodurre Pyongyang nella lista degli Stati che sponsorizzano il terrorismo. Sono rimasti però d’accordo nel tentare ancora la via multilaterale, cercando di convincere Pechino e Mosca a esercitare maggiori pressioni.

Durante la visita c’è stato tempo anche per gli affari: la direzione è stata chiarita da Trump in un discorso organizzato dall’ambasciata Usa per i vertici dell’industria giapponese. «Nelle ultime decadi il Giappone ha vinto», ha detto riferendosi alla relazioni commerciale tra Usa e Giappone e ha invitato il Paese del Sol Levante a fare di più per riequilibrare la bilancia commerciale con una maggior apertura del mercato interno e investimenti diretti in America. Trump e Abe hanno annunciato l’inizio di trattative bilaterali in vista di un trattato di libero scambio.

Agricoltura e automobili sono i settori dove gli americani vorrebbero maggiore accesso. Proprio questi due sono però i temi su cui i negoziati per un trattato di libero scambio con l’Unione Europea si sono trascinati per molti anni e solo a luglio è arrivato l’annuncio del solo schema di trattato.

Anche se gli europei non dispongono della leva militare di pressione diplomatica, è comunque un monito per Trump, che si aspetta una soluzione «in modo veloce e amichevole».

Abe, intanto, gioca la sua partita sul tavolo dei commerci in Asia, dove con il Ttp conta di aprire nuovi mercati e di reclutare l’America stessa dopo la parentesi (così sperano a Tokyo) della presidenza Trump.