Intanto, diciamolo subito, Massimo Boldi nel suo ritorno a casa, nel cinepanettone diretto da Neri parenti, scritto e prodotto da Carlo e Enrico Vanzina, Ma tu che di segno 6?, è una forza della natura. Anni che non si vedeva Boldi su questi livelli, sembra un po’ il «Carlo Verdone» del suo episodio in Fratelli d’Italia, anche lì diretto da Neri Parenti e scritto e prodotto dai Vanzina, il film che fece capire a Aurelio De Laurentiis che non poteva lasciare il film di Natale, Boldi, Christian e i loro autori alla concorrenza. Qui Boldi è certo Rabagliati, tipografo ufficiale del Vaticano e igienista maniaco che si muove da Milano a Roma per vedere un cardinale nero. E sul treno si fa male a un dito. Cosa che lo porterà dritto all’ospedale, dove verrà scambiato con un paziente che si deve operare di emorroidi. E quindi subirà l’onta del «Le faccio un bel clisterino», detto da un torvo infermiere romano, Nic Di Gioia, con relativi effetti speciali. Pesante? Anticuccio? Diciamo classico, va’. Ma come lo vuoi fare il cinepanettone se non lo fai così?

È stato coraggioso Aurelio De Laurentiis a cambiare formula, protagonisti e autori dopo quasi trent’anni di dominio cinepanettonismo. Anche perché i suoi registi e autori storici, i Vanzina sono di fatto gli autori storici del genere, e Neri Parenti che ne è stato il regista di punta negli ultimi vent’anni, finalmente liberi, sotto la stella della K Films, marchio della Lucky Red, che magari si vergogna di clisteri e emorroidi, si possono scatenare con il cinepanettone a loro piacimento. Lo scatenamento, in realtà è limitato, anche perché Aurelio, alla fine, andava nella stessa direzione dei Vanzina e di Parenti e, anche se si sente in qualche modo la mancanza del produttore-padrone su tutta l’operazione, il cinepanettone «libero» è abbastanza simile ai vecchi cinepanettoni ufficiali. Certo manca Christian De Sica, e questa è una seria mancanza per il pubblico. Troviamo però Gigi Proietti in stato di grazia nei panni di un terribile avvocato romano, Giuliano De Marchis, cinico e sorridente, uno di quelli che potrebbero difendere i boss della mafia capitolina senza batter ciglio. I Vanzina sono sempre sul pezzo, si sa. Parenti, Vanzina e Proietti riescono con poche mosse a dipingerci un ritratto perfetto dell’avvocato romano dei tempi der Cecato, generone romano e cafonal inarrivabile. Non solo. Gli mettono accanto una serie di mostri da serate romane, donne ricche, altri avvocati che si chiamano Comodi, Milito, nomi che esistono solo nei salotti romani vanziniani.

Certo, finché rimane un mostro di quelli che ben conosciamo, Proietti è perfetto, un po’ meno quando prende una botta in testa e diventa senza memoria e quindi buono. Dove sono a Roma gli avvocati buoni? Ha i suoi fan anche l’episodio con Ricky Memphis nei panni di certo Saturno Bolla, tecnico di parabole della Euronics che cerca in tutti i modi di non farsi concupire dalla bellona di turno, la bionda un po’ inutile Vanessa Hessler, che se lo vuole fare solo perché è scritto sul suo oroscopo. E lui la vuole evitare perché sta alla larga dalle donne ariete. Decide così di preferirle, e non solo per finta, una commessa tappetta simil Gegia, chiamata simpaticamente la «scorreggia», interpretata con grande verve da Cecilia D’Amico, nipote di Suso Cecchi D’Amico (certo, i Vanzina). L’idea che Ricky preferisca la pur blasonata «scorreggia» alla bionda Vanessa Hessler non è male e anche il suo rifiuto totale, un po’ alla Pozzetto, di cedere alla bellona funzionano. Notevole anche una risposta all’amico Lallo Circosta che gli dava consigli sulle donne: «Ma cosa dici? Tu l’unica cosa femminile che frequenti è la Tuscolana!».

Forse sono meno divertenti gli altri episodi, ma i comici foggiani Pio e Amedeo nel loro, dove uno scatenato Amedeo cerca di portarsi a letto la bella vicina Marian Rodriguez grazie al suo amico Pio che, col nome di Orion, scrive oroscopi sui giornali, funzionano qui decisamente meglio che nel loro film d’esordio, Amici come noi. Vincenzo Salemme nei panni di un tenente colonnello dei Carabinieri che cerca di far allontanare qualsiasi nuovo fidanzato della figlia, Denise Tantucci, è un po’ sotto schiaffo del suo brigadiere Angelo Pinutus che gli fa il verso. E non c’è grande alchimia. Ovvio che alle prese con sei episodi più o meno di egual durata, Parenti non possa sviluppare ogni sketch allo stesso modo. Così soffre di un po’ di tagli e di compressione quello di Pio e Amedeo, mentre quelli di Boldi e di Memphis sono perfetti perché già costruiti su quella durata. Ovvio che pioveranno critiche pesanti, per qualche volgarità e qualche pesantezza riguardo ai personaggi femminili. Questo cinepanettone libero o liberato è un bel ritorno a casa per tutti, grazie anche alla regia di Neri Parenti, che è davvero il più bravo in questo genere di cinema, e alla sceneggiatura dei Vanzina che sanno trattare il generone romano e il mondo cafonal come nessun altro.