Nel cuore così affaticato della tarda modernità che riproduce vecchie esclusioni e nuove ne inventa, la sinistra rivisita le origini e si aggrappa, per tornare a vivere dopo l’estinzione, ai principi costitutivi della modernità politica. Liberi e uguali è la formula di congiunzione tra l’89 rivoluzionario e il movimento operaio. La dizione compare per la prima volta nell’articolo 1 della Dichiarazione francese dei diritti, ma la lotta per una società di liberi e uguali è anche il nucleo progettuale della teoria politica del socialismo.

Quella che per il costituente francese era un punto di partenza che riconduce alla nascita la comparsa di eguali diritti fondamentali dei soggetti, per il socialismo è una costruzione politica che richiede il conflitto in ogni tempo per sfidare il dominio del capitale e conquistare reali spazi di libertà. L’89 segna la genesi di un costituzionalismo che riconduce le libertà alla forma, ai diritti eguali. Il socialismo recupera le istanze di libertà e le lascia precipitare nella società, le agita cioè come bandiera di una lotta di massa per contestare il privilegio, la dipendenza e lo sfruttamento.

Tra i classici è soprattutto Engels a rivendicare una piena eredità dell’89: «La fratellanza delle nazioni sotto la bandiera della democrazia moderna, come essa è scaturita dalla Rivoluzione francese, si è sviluppata nel comunismo». Per lui la rivoluzione francese fu un grande movimento sociale di liberazione e dopo la sua straordinaria parabola «ogni democrazia puramente politica è divenuta una completa assurdità». I diritti sono un catalogo di dover essere e pretese che sfidando le potenze dominanti tendono a trasformarsi in essere reale o istanza sociale esigibile. In tal senso, ritiene Engels, «la democrazia, al giorno d’oggi, è il comunismo» inteso come una tendenza reale che nella sua essenza indica come prospettiva «l’eguaglianza dei diritti sociali nella democrazia». La sinistra dopo l’eclisse deve tornare a contrapporsi in maniera radicale alle tendenze distruttive di un capitale che di fatto restringe il catalogo delle libertà moderne e produce sterminate situazioni di apatia che in occidente svuotano la stessa cittadinanza politica. È mancata una combattiva politica contraria alla propensione dell’epoca che strappa i diritti del lavoro e riduce ogni corpo ai dispositivi di una esistenza misurata dal tempo infinito della precarietà. Non si è avvertita l’azione di una sinistra pronta a scagliarsi contro il vento della mercificazione che invade ogni angolo dell’umano e rende qualsiasi esperienza di vita soggiogata dalle regole nichilistiche di uno sfruttamento assoluto.

Il binomio liberi e eguali comporta lo sforzo di riappropriarsi delle radici ideali non ossificate dei movimenti di emancipazione sorti nella modernità. Ciò significa penetrare nelle contraddizioni racchiuse nel comando della forma di merce per recuperare i momenti insurrogabili dei progetti democratici di vita buona che nel trionfo del credo neoliberista erano stati condannati all’oblio.
La sinistra deve ricalibrare le libertà civili (come lo ius soli, il biotestamento quale ultima frontiera dell’habeas corpus rispetto all’accanimento terapeutico, le nuove tipologie di famiglia e unioni civili, l’apertura a forme plurali di culto, il non impedimento rispetto a pretese del potere), politiche (come la partecipazione nei partiti rigenerati nella loro effettiva espressività democratica, nelle istituzioni di rappresentanza sottratte al comando di capi che nominano i deputati, nei movimenti collettivi, nelle esperienze civiche diffuse) sociali (come la sicurezza dai rischi della precarizzazione del corpo che lavora, la tutela pubblica dall’economia di tempo determinata dalle nuove tecnologie che espellono dipendenti in esubero, la misurazione del grado di rappresentatività dei sindacati nella contrattazione collettiva).

Spazi di libertà (dai poteri, dalle manipolazioni della comunicazione, dal mercato che annichilisce le capacità, dalle dipendenze di genere) non si costruiscono per i singoli senza la definizione pubblica di momenti di eguaglianza. E quindi esigono politiche coerenti nel campo della fiscalità progressiva, della tassazione dei capitali delle multinazionali che fuggono dallo Stato, della scuola, del sapere, del lavoro, della mobilità sociale, dell’occupazione, della definizione di un modello sociale europeo alternativo a quello della concorrenza. La diade liberi e uguali lanciata nell’89, e il progetto di una «società di liberi e uguali» abbozzato da Marx, non sono ancora formule storicamente esaurite. E anzi confermano la loro validità nel contestare le radici delle sofferenze, delle pratiche servili ramificate nel ginepraio della postmodernità liquida.