All’assemblea milanese di Liberi e Uguali sono bastati pochi minuti per far crollare le speranze del Pd e le ricostruzioni interessate dei suoi supporter. Nessuna resa dei conti nella nuova lista di sinistra tra sostenitori dell’alleanza di centrosinistra e suoi avversari. La decisione di andare da soli alle elezioni regionali in Lombardia era stata già presa, il candidato già individuato e quando il capogruppo di Mdp alla camera Laforgia ha annunciato il nome di Onorio Rosati la standing ovation della platea ha chiuso il discorso.

A Roma nel frattempo, alla presenza di Pietro Grasso, si sviluppava un dibattito vero. Perché se il profilo del candidato Pd nel Lazio Nicola Zingaretti è certamente diverso dal quello del renziano Giorgio Gori in Lombardia, la componente di Sinistra democratica viene da una fase di opposizione decisa alla sua giunta regionale. Altri delegati sono intervenuti contro con un occhio alla collocazione nazionale di Liberi e Uguali, che appoggiando Zingaretti rischierebbe di smentire la sua sfida al Pd.

E allora se sostegno sarà al governatore uscente del Lazio, dovrà passare da una verifica formale. L’assemblea ha votato il mandato a Grasso di incontrare il presidente della regione per raggiungere un accordo. Portando con sé un carico di richieste non di poco conto. Dal punto di vista del perimetro della coalizione non dovrebbero esserci problemi: LeU non accetta aperture a destra e Zingaretti ha già detto no alla lista della ministra Lorenzin (altro discorso sarà fermare candidati pseudo civici). Dal punto di vista del programma i punti messi nero su bianco dall’assemblea di ieri sono invece tanti e impegnativi. Si va dal piano rifiuti senza nuovi inceneritori «da approvare entro sei mesi» al reddito minimo garantito per i lavoratori espulsi dal ciclo produttivo allo sblocco totale del turn over e stabilizzazione dei precari nella sanità. L’elenco continua con richieste precise su trasporti, ambiente e diritto allo studio tanto da somigliare a un «contro programma» , come ha detto qualcuno in assemblea, assai diverso dal programma sul quale Zingaretti sta già facendo campagna elettorale.

Ma anche chi raccomanda prudenza e invita a «un confronto vero», come Stefano Fassina ultimamente tra i più critici di Zingaretti, sa bene che è il passo politico quello che conta. LeU si siederà al tavolo con il governatore Pd e soprattutto il mandato a trattare è affidato direttamente a Pietro Grasso. Che è il primo sostenitore dell’accordo. Come Laura Boldrini, che mentre Grasso ripeteva la sua fiducia nella «base» era a Nola a presentare il libro dell’esponente di Campo progressista Ciccio Ferrara. Le sue parole, riferite al fallimento del tentativo Pisapia nel quale pure aveva creduto, valgono anche per il rapporto di LeU con il Pd: «Non ci si allea con un seguace, con chi a testa bassa dice sempre di sì, ma con un alleato che ha pari dignità». Con lei c’era Antonio Bassolino il cui avvicinamento a Liberi e Uguali è diventato un problema per Sinistra Italiana, impegnata ad agganciare candidati e voti della rete di De Magistris strutturalmente ostile all’ex sindaco di Napoli. «Sono pronto a dare una mano con le mie idee», ha detto Bassolino che potrebbe essere candidato al senato, «ma voglio rispetto per la storia dalla quale provengo, che è quella del Pci, e anche per la mia storia istituzionale, soprattutto quella di sindaco alla quale sono più legato».

La notizia ufficiale che non ci sarà alcun accordo con Gori, intanto, trasforma immediatamente la lista di Grasso da potenziale alleato da corteggiare ad avversario numero uno del Pd. «Magari i vertici di partito decidono diversamente, ma gli elettori del centrosinistra li compattiamo tutti», dice il candidato, sindaco uscente di Bergamo. In cambio riceve il primo attacco da Laforgia: «Ha ricevuto un mandato dalla sua comunità e lo lascia per fare altro, non è etico». Non si sottrae neanche il presidente del Consiglio Gentiloni, che chiudendo l’assemblea torinese degli amministratori Pd dice: «Qualcuno a sinistra sembra aver paura del ruolo di governo, sembra dominato dalla tentazione di rifugiarsi nelle proprie biografie». Intanto all’assemblea milanese, il leader di Sinistra italiana Nicola Fratoianni smentisce chi ha visto in lui l’unico ostacolo all’accordo con il Pd: «Da parte mia nessun veto, la decisione di correre in autonomia è una libera scelta dell’assemblea di Liberi e Uguali».
Ma i riflettori si spostano sul Lazio e sulla trattativa che dovrà condurre il presidente del senato. «Se Zingaretti accetta i nostri punti lo appoggeremo», dichiara Grasso. Fiducioso di farcela.