In linea con la dichiarazione Universale dell’ONU del 1948 la quale afferma che “Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti” ci sembra un principio fondamentale il riconoscimento per tutti gli esseri umani di essere liberi di vivere secondo i propri sentimenti e le proprie scelte, senza subire violenze e discriminazioni in base ad esse.

La libertà di poter godere dei propri diritti è un valore essenziale di una società democratica e qualora tale libertà non possa essere fruita, perché impedita o ostacolata dalla violenza, allora va salvaguardata anche con una legge di cui uno Stato democratico non può non farsi promotore.

Il Ddl Zan si pone dunque come norma aggiuntiva, protettiva rispetto a soggettività esposte a forme varie, ricorrenti e gravi di violenza e oppressione. Violenza che spesso colpisce persone in età evolutiva e che trova anche nelle scuole e nei diversi contesti educativi scenari di deflagrazione. Le modifiche proposte al Ddl Zan in questa ultima fase di discussione al Senato concernono anche il richiamo all’autonomia scolastica come principio che instaura l’opzionalità delle celebrazioni legate alla giornata internazionale contro l’omo/bi/trans/fobia e l’abilismo.

Il richiamo al rispetto dell’autonomia delle scuole si svela pertanto come un grimaldello attraverso cui svuotare di senso ogni possibilità per questa legge di porre come prioritarie le finalità sopra citate. Si pensi alle celebrazioni per la Giornata della Memoria per le quali non si invoca mai il principio dell’autonomia scolastica, né la necessità di delibere specifiche. Perché si darebbe la possibilità di farlo sulle questioni legate al genere? Subentra qui la consueta distinzione di carattere morale e non giuridico: la presunta sensibilità dei temi toccati imporrebbe la necessità di un ulteriore passaggio deliberativo. Inutile dire che le stesse motivazioni sostengono l’obiezione di coscienza per l’IGV e le pratiche relativa all’applicazione della legge 194.

Il discorso transnazionale di affermazione del principio di differenza sessuale e di genere come attestazione di soggettività è alla base del nostro essere associazione femminista. Siamo consapevoli che attorno al tema dell’identità di genere esistono anche tra femminismi divergenze teoriche, politiche e biografiche. Coerenti alla nostra storia, crediamo nella possibilità prima che nella necessità di un confronto aperto e di una ricomposizione. In prima istanza per assumere una valenza transnazionale e poi per contribuire a riconoscere e ricomporre le dialettiche tra i diversi femminismi.

Ampliare i confini, riconoscere le differenze allargando i diritti, sono aspetti fondamentali, un filo rosso della storia dei femminismi tra il XIX e il XXI secolo. Sosteniamo quindi l’approvazione rapida del disegno di legge che prende il nome del deputato Alessandro Zan e respingiamo i tentativi di modificarlo e di posticiparne l’approvazione consapevoli che, quando si aggiungono diritti, non si toglie niente a nessuno e nessuna.