I dipendenti del quotidiano francese Libération hanno respinto martedì sera quasi all’unanimità un piano della direzione, votando una sfiducia all’intero gruppo che guida il giornale e che voleva far passare un piano di rigore con un taglio degli stipendi. Il piano era stato giudicato dalla direzione indispensabile per salvare la testata. Con un andamento ancora peggiore degli altri giornali in Francia, Libération ha subito un crollo delle vendite del 30% quest’anno.

E dopo tre anni in equilibrio, dovrebbe perdere nel 2013 oltre un milione di euro. Non molto, rispetto ai deficit annunciati in altre testate come Le Parisien e Les Echos, ma pesantissimo per Liberation, che deva ancora finire di rimborsare un debito di 6 milioni di euro. Con questi motivi, la direzione, sottolineando di voler «dare la priorità al mantenimento dell’occupazione e rifiutando un piano di ristrutturazione», ha presentato un programma di riduzione dei costi che comprende un calo «temporaneo» degli stipendi, uscite volontarie, prepensionamenti e trasformazione di contratti a tempo pieno in part-time.

Il taglio degli stipendi sarebbe stato del 10% in media, modulato da colpire i salari più alti. Il 90% dell’assemblea ha votato contro ed ha approvato una mozione di sfiducia verso l’intera direzione, chiedendo anche l’uscita immediata del direttore Nicolas Demorand, così «da rendere possibile l’avviamento di un vero progetto di sviluppo e di un piano di tagli legale e credibile». Al contrario, gli azionisti di Libération hanno rinnovato la fiducia alla direzione.