Un pomeriggio d’estate. Un autobus affollato. Una donna cade a terra colpita da emorragia cerebrale. Morirà poche ore dopo all’ospedale di Trieste.

Si chiamava Libera Sorini, un nome che dirà poco al lettore. A Trieste, invece, era molto conosciuta per la sua attività politica, nel Partito comunista, nella Lega delle cooperative e al Circolo culturale intitolato a Che Guevara. L’impegno politico e nel sociale era anche un dato di famiglia: era, infatti, la nipote preferita di Vittorio Vidali, il mitico Comandante Carlos del Quinto Reggimento, che l’ha ricordata con affetto in vari suoi scritti.

Nata a Muggia nel lontano 1920, compì gli studi medi con indirizzo commerciale a Trieste. Cominciò a lavorare giovanissima, alla Stock alla fine degli anni ’30. Sposatasi nei primi anni ’40 (un matrimonio poco felice seguito da una separazione), ha avuto un figlio, Umberto. Nei primi anni del dopoguerra ha lavorato all’Università di Trieste, nella biblioteca dell’Istituto di statistica, allora retto da Pierpaolo Luzzato Fegiz.

La sua vita è stata segnata da due incontri, tra loro intrecciati, avvenuti in questo primo periodo: quello con la famiglia Modotti e quello con Vittorio Vidali, di cui era parente.

Negli anni 30 conobbe Assunta, Mercedes e Gioconda Modotti, rispettivamente madre e sorelle di Tina, che non vide però mai: un incontro a Parigi, programmato nel 1936 con lei e Vittorio Vidali sfumò per l’impegno dei due nella guerra civile spagnola che si approssimava.

Nel dopoguerra aiutò Mercedes a trovare un’occupazione alla Stock. Mercedes da ultimo avrebbe lavorato come governante in casa di Vittorio Vidali, che era stato il compagno di Tina, e a Libera rimase sempre legata.

Libera conobbe Vittorio al suo ritorno in Italia alla fine degli anni ’40. Fu molto vicina a lui e anche alla sua famiglia: alla moglie Isabel Carbahal e al figlio Carlos, venuti dal Messico, e all’altra figlia di Vittorio, Bianca. Conobbe e frequentò, successivamente, anche Laura Weiss, l’ultima compagna e collaboratrice di Vittorio, nipote del famoso psicoanalista che aveva influenzato Svevo.

La sua attività nel secondo dopoguerra si fonde con l’impegno politico, nel Partito comunista e nel movimento delle cooperative rosse. Si è dispiegata nell’arco di un quarantennio, dagli anni ’50 agli anni ’90.

Presidente della Lega delle cooperative, svolse anche funzioni di revisore dei conti che la portarono a viaggiare molto, pure all’estero e talvolta in delegazione.

Fu un’attività di cui fu sempre orgogliosa, consentitale anche dalla sua conoscenza delle lingue. Ma il viaggiare non fu solo parte del lavoro: grande viaggiatrice, in genere da sola, ha girato il mondo, ha appreso molto e del mondo sapeva raccontare.

Negli anni ’70 fu eletta nel consiglio comunale di Trieste per il Partito comunista. È rimasta sempre fedele agli ideali politici della sinistra e per lei il Pci è sempre stato «il partito». Da pensionata dedicò molte energie al Circolo di studi politico sociali «Che Guevara», fondato da Vittorio Vidali nel 1969.

Dotata di una fibra straordinariamente forte, si muoveva autonomamente anche in tarda età e non aveva mai preso seriamente in considerazione la possibilità di una vita in una casa di riposo. La sua grande mobilità si accompagnava a doti caratteriali quali un ottimismo di fondo e un pensare positivo, anche a proposito della morte. Molti ricordano la sua allegria e la sua risata contagiosa.

Se è vero che nel nome c’è parte del destino di una persona, questo vale particolarmente per Libera nelle varie fasi della sua vita, ma anche nella morte. Se avesse potuto scegliere come morire, questa sarebbe stata probabilmente la morte che avrebbe preferito, emblematicamente avvenuta a bordo dell’autobus con cui esercitava, a 97 anni, la sua libertà di movimento tra Trieste e Muggia.