I libanesi conoscono bene Roumieh, una prigione dove migliaia di individui di ogni nazionalità vivono rinchiusi, dimenticati dal tempo e dalla gente. Soprattutto quelli che sono detenuti per reati politici e di terrorismo. A loro è o meglio era riservato il Blocco B: poco più di 900 prigionieri, tra i quali 300 “arabi”. Decine appartengono a sigle ormai note a tutti: Stato Islamico (Isis), Fronte al Nusra, al Qaeda, Fatah al Islam. Le autorità libanesi sabato sera, dopo che due kamikaze avevano ucciso 9 persone (27 feriti) in locale di Jabal Muhsen, la parte alta di Tripoli dove vivono gli alawiti, in un solo colpo hanno compreso di aver commesso un grave errore mettendo tutti insieme quei prigionieri “molto speciali”. Il Blocco B si era trasformato in una centrale per l’organizzazione di attentati.

 

Questo almeno è ciò che spiegano le autorità di Beirut che ieri, con una ampia azione di unità speciali, hanno svuotato il Blocco B dove, spiegano, sarebbe stato pianificato l’attacco di Tripoli. Il ministro dell’interno, Nouhad Machnouk, ha riferito che le indagini hanno accertato che dal carcere, grazie a cellulari tenuti nascosti, uomini dell’Isis hanno effettuato telefonate a persone vicine ai due attentatori (entrabi di Tripoli) e a uomini allo Stato Islamico. Ieri alcuni dei prigionieri sono stati trasferiti nella sede principale dei servizi segreti, ad Acharafieh, altri nel Blocco D di Roumieh, braccio 0 di massima sicurezza appena ristruttuato e con sistemi elettronici di sorveglianza. Alcuni detenuti hanno bruciato materassi in segno di protesta mentre le loro famiglie manifestavano davanti al carcere e bloccavano alcune strade nella zona. Non è servito a molto. Il trasferimento è stato completato senza alcun ferito o problema serio e i servizi di sicurezza credono di aver isolato completamente i comandanti dello Stato Islamico detenuti a Roumieh. A Beirut sono convinti che l’attentato di Tripoli sia stato compiuto da una cellula libanese dello Stato Islamico. E guardano con scetticismo alla rivendicazione della doppia azione suicida giunta dal Fronte al Nusra.

 

Il raid nella prigione di Roumieh potrebbe costare caro ai 25 soldati e poliziotti che al Nusra tiene prigioneri da mesi. Il gruppo qaedista ieri ha postato su twitter la foto di 12 ostaggi con le mani legate dietro la schiena, a terra e con la faccia nella neve, lasciando capire che potrebbe giustiziare i suoi prigionieri. Le famiglie dei militari chiedono che il governo accolga le richieste dei rapitori. Al Nusra, oltre al rilascio dei loro compagni detenuti in Libano, vuole che il movimento sciita Hezbollah ritiri le migliaia di combattenti che ha inviato in Siria a sostegno dell’esercito governativo.