A meno di 100 chilometri dal sacrario militare di Redipuglia, la guerra continua nel più grande hub dell’aviazione Nato nel Mediterraneo ad Aviano (Pordenone). Tutto il Nord Est ospita la «piattaforma strategica» degli Usa, ordigni e depositi atomici compresi a beneficio del quartier generale della Southern European Task Force dell’US Army dislocato dal 1965 nella caserma Ederle di Vicenza.

È l’eredità della guerra fredda, quando la Yugoslavia di Tito confinava con Trieste e Gorizia mentre le truppe del patto di Varsavia rappresentavano il nemico in mezza Europa. Ma anche nel nuovo scenario internazionale l’Italia resta cruciale: ogni anno mediamente paghiamo 400 milioni di euro (come rivelò nel 2001 il Report on Allied Contributions to the Common Defense) per mantenere circa 13 mila militari e 15 mila civili americani in 120 basi più un’altra ventina top secret.

Da Aviano sono decollati le squadriglie di F16 che nel 1999 collezionarono 9 mila missioni nell’arco di 78 giorni per la «guerra del Kosovo». Il centro telecomunicazioni Usaf continua a pianificare operazioni che spaziano dal Sud Europa al Medio Oriente fino al Nord Africa. Nei bunker sotterranei sono stivati gli ordigni nucleari B-61 come a Ghedi nel Bresciano, mentre negli hangar sono a disposizione del 40° gruppo aereo tattico, della 16a Forza Aerea e del 31° Gruppo da caccia dell’aviazione Usa., affiancati da uno squadrone di F-18 dei Marines.

Una “cittadella” con 303 ufficiali, 3.196 militari semplici e 764 civili in continua espansione. Dopo l’infrastruttura di 5 mila metri quadri per il migliaio di paracadutisti e la piattaforma per le soste operative capace di contenere simultaneamente fino a dodici C-130 o cinque C-17, è stato annunciato un mega-progetto di facility per 30 milioni di dollari (compresi 144 nuovi alloggi). Nel frattempo, la Regione Friuli e la Provincia di Pordenone hanno speso oltre 3 milioni di euro in viabilità intorno alla base: bretelle e circonvallazioni indispensabili ad assorbire il traffico di più di 5 mila veicoli al giorno. E dalla pista di Aviano alle 14.36 del 3 febbraio 1998 decollò il Grumman EA-6B Prowler pilotato da Richard Ashby che meno di un’ora più tardi tranciò la funivia del Cermis in Val di Fiemme: una strage con venti vittime e nessuna condanna penale.

Ma in Friuli si fanno i conti anche con la “riconversione” delle caserme e delle altre strutture militari italiane abbandonate con il crollo del muro di Berlino. Il censimento della Procura militare di Padova nel 2001 aveva contato ben 407 siti degradatipari a102 chilometri quadrati di territorio: da allora un po’ più della metà sono diventati patrimonio dei Comuni. Lo racconta il documentario Un paese di primule e caserme del regista Diego Clericuzio in collaborazione con Cinemazero di Pordenone.