L’hotel Intercontinental di Kabul è finito sotto attacco. Ancora una volta. Ieri un gruppo di almeno 4 terroristi ha preso d’assalto l’hotel, edificato su una delle colline che dominano la capitale afghana e uno dei simboli della storia recente del paese. Mentre scriviamo, le notizie arrivano frammentarie, il bilancio è incerto: ci sarebbero almeno 12 persone ferite o morte. Quel che è certo, è che è in corso una sparatoria tra gli assalitori e le forze speciali afghane. E che rischia di prolungarsi per molte ore, come accade nel caso di attacchi «complessi», ben pianificati, contro obiettivi civili.

E COME È ACCADUTO nel giugno 2011, quando l’hotel è finito nel mirino dei Talebani. In quel caso, le forze di sicurezza afghane hanno avuto la meglio sugli assalitori solo dopo 20 ore di scontri a fuoco. 21 le vittime finali, di cui 9 esponenti della guerriglia col turbante.

DA ALLORA, sono state intensificate le misure di sicurezza: l’edificio nel 2011 era protetto da 40 membri della polizia, oggi da 140. Piuttosto rigorosi i controlli. Almeno tre, per chi sale con la propria vettura fino all’ingresso principale, dotato di metal detector. Da alcune notizie non confermate, sembrerebbe che di recente la sicurezza fosse stata appaltata a una ditta privata.

NEL MOMENTO DELL’ASSALTO, l’hotel a cinque stelle – rinnovato di recente, sobrio e austero all’esterno, dentro sfarzoso alla maniera afghana, con ampi tappeti rossi e arredamento pomposo – ospitava già i delegati venuti da ogni parte del paese per partecipare a un convegno governativo promosso dal ministero delle Comunicazioni e dell’informazione.

Su Twitter, il giornalista afghano Ehsanullah Amiri sostiene che gli assalitori abbiamo fatto irruzione al primo piano, nel corso di un seminario a cui partecipavano i direttori provinciali del ministero. Molte le foto che mostrano l’ultimo piano dell’edificio in fiamme. Ma ci vorrà ancora del tempo prima che si arrivi al bilancio finale dell’operazione e a comprenderne la matrice: i Talebani o uno dei gruppi che rivendicano l’affiliazione alla provincia locale dello Stato islamico.

ATTA MOHAMMAD NOOR, potentissimo ex governatore della provincia di Balkh, silurato dal presidente Ghani ma riluttante a lasciar il posto al suo successore, su Twitter dice che con lui al governo, a Balkh queste cose non sono mai successe. Non è vero, ma come altri già lucra sulla tragedia, i cui contorni saranno più chiari tra qualche ora.