Qualcuno diceva che la scena hacker era morta. Si sbagliava. O almeno così sembra, a giudicare dal fitto programma di Hackmeeting 2014. Il raduno annuale delle controculture digitali è ai blocchi di partenza e sono centinaia gli hacker che, da oggi fino a domenica, scenderanno in pista per dare vita a una tre giorni di creatività e sperimentazione collettiva, all’insegna di un approccio critico verso le tecnologie digitali.
La sede dell’evento è Bologna, la cornice quella del centro sociale XM24. Nello spazio occupato di via Fioravanti i lavori di preparazione fervono da settimane e negli ultimi giorni diversi «smanettoni» si sono già presentati alla sua porta. Vengono da tutta Italia, qualcuno pure dall’estero. Una volta varcato il cancello dell’ex mercato ortofrutticolo e appoggiato il voluminoso zaino che si portano appresso, cominciano a darsi da fare per contribuire alla riuscita del meeting: c’è chi sistema l’impianto elettrico, chi monta il tendone sotto cui si potrà cercare un po’ di sollievo dalla calura estiva, chi falcia l’erba del prato adibito a camping e chi, naturalmente, cabla le stanze che ospiteranno i talk nel week end.
Almeno cinquanta gli speech previsti: talmente tanti che alcuni hacker felsinei hanno deciso di farsi da parte per lasciare il palcoscenico ai cugini venuti da fuori. Eppure nessuno sembra rammaricarsene troppo, forse perché rincuorato dal palpabile entusiasmo con cui quest’anno la comunità hacker ha raccolto la chiamata alle armi lanciata da Bologna. I seminari in calendario infatti formano un intreccio così ricco di tematiche e suggestioni che è impossibile sintetizzarlo in poche righe. Anche se, leggendo con attenzione il programma di venerdì e sabato, alcune questioni di maggior interesse emergono in modo chiaro.

Autodifesa digitale

La sorveglianza elettronica sarà ancora una volta al centro del dibattito. Inevitabile, visto lo stillicidio quotidiano di notizie che testimonia come Internet sia sempre più sottoposta ad un controllo capillare, frutto di un’estesa collaborazione tra telcom, grandi internet companies e governi. A prendere parola sull’argomento ci sarà, tra gli altri, Claudio «Nex» Guarnieri, ricercatore indipendente di sicurezza informatica e collaboratore di Citizen Lab, team di hacker dall’altissimo profilo tecnico, impegnato nella caccia all’industria del malware. Tanti, tantissimi i report pubblicati negli ultimi due anni da questi ragazzi che con la loro attività hanno documentato l’esistenza di un oscuro mercato di virus, foraggiato da polizie e servizi segreti interessati a mettere le mani sui dati sensibili di attivisti, giornalisti e voci scomode.
Poi c’è Intrigeri, un ragazzo minuto e simpatico che proviene dalla Francia ed è l’incubo dell’Nsa. Perché? Perché è lo sviluppatore di Tails (acronimo di The Amnesic Incognito Live System), una distribuzione linux che funziona su chiavetta USB ed è ottimizzata per garantire all’utente finale – anche a quello privo di particolari competenze – la possibilità di comunicare in modo anonimo e sicuro. Insomma, un vero e proprio strumento di autodifesa digitale cui si affidano ogni giorno migliaia di hacktivisti e reporter.
Basta così poco per bypassare la cappa orwelliana dispiegatasi sulla rete negli ultimi anni? Sì e no, perché quello della sorveglianza è innanzi tutto un problema politico e come tale va affrontato: certo bisogna assemblare manufatti digitali liberi – magari con l’aiuto del buon vecchio free software – ma è altrettanto indispensabile costruire comunità autorganizzate, capaci di gestire e decidere in autonomia la direzione da imprimere al processo di innovazione tecnico-scientifica, senza arrendersi alle logiche tecnocratiche e al colonialismo culturale del web 2.0. Un paio di cosette da dire in proposito le avrà sicuramente Stefano Zacchiroli, ex project leader di Debian, ilsistema operativo libero per eccellenza. Nato nel 1993, il suo processo di sviluppo è organizzato secondo criteri non gerarchici e viene portato avanti da migliaia di volontari sparsi ai quattro angoli del globo.
Ma nella cartella Hackmeeting 2014 c’è spazio anche per i Migrant Files, un’inchiesta di data journalism realizzata dal network dataninja.it. Incrociando i più ampi database disponibili in rete, questo gruppo di giornalisti indipendenti ha prodotto un’accurata mappatura relativa ai migranti morti o dispersi nel tentativo di attraversare il Mediterraneo e raggiungere le coste della Fortezza Europa. Dal reportage emergono cifre da guerra civile: 23 mila le vittime accertate, quasi il doppio rispetto al numero dichiarato dalle istituzioni fino a pochi mesi fa.

Le speranza deluse

Va detto però che la tre giorni a Bologna si prospetta anche come un momento di riflessione in cui porre in essere una serrata critica alle pratiche di sharing socialmente diffuse e ai processi di costruzione dell’identità digitale che l’individuo mette in atto a partire da esse.
Quando Hackmeeting, nel 2002, aveva fatto tappa per l’ultima volta all’ombra due torri, le possibilità dischiuse dai nuovi media di condividere e accedere liberamente all’informazione alimentavano le speranze di un nuovo umanesimo tecnologico. Speranze oggi spazzate via dal diluvio informazionale che ci ha sommerso: l’iperconnettività ha fagocitato ogni istante del nostro tempo libero trasformandolo in tempo di lavoro; arti e capacità sensoriali perfettamente funzionanti sono stati sostituiti da protesi digitali imperfette; la maggior quantità d’informazione disponibile non ha tonificato affatto l’intelligenza collettiva ma ha favorito al contrario il dilagare della stupidità digitale. L’uomo vitruviano del XXI secolo si è trasformato in quello zombie dai lineamenti ferini rappresentato nel logo di Hackmeeting 2014.
Il messaggio è chiaro: condividere non basta. Bisogna tornare ad occuparci di ciò che è nostro. E provare, tutti e tutte insieme, a riprendercelo. Il vecchio adagio della controcultura hacker «Hands on!», mettiamoci le mani sopra, è oggi più attuale che mai.
Sabato su Alias due pagine che affrontano molti dei temi dell’hackmeeting.