Il furore con cui il governo conservatore di Rajoy sta applicando il suo micidiale piano di tagli sta desertificando la Spagna. Non solo sul piano economico ma anche -e con effetti persino più nefasti – su quello sociale, dove l’opera di manomissione in atto sta diventando la cifra stilistica del Pp. Da quando governano, i popolari – che già avevano fatto ricorso contro la legge sui matrimoni omosessuali di Zapaetro – hanno imposto la loro volontà, sempre in senso fortemente restrittivo, su questioni sensibili come l’aborto, e ora stanno cercando di limitare l’accesso gratuito alla fecondazione assistita. Lesbiche e donne sole – questa la volontà del ministero della sanità guidato da Ana Mato – potranno ricorrere alla fecondazione assistita solo a pagamento. Uno dei tanti ritorni al passato a cui i collettivi Lgtb dicono no: «Ieri mattina siamo andati a consegnare una lettera al ministro perché noi siamo sinceramente preoccupati per questo colpo di mano sulla sanità pubblica e sul principio di eguaglianza che essa presuppone».
A parlare è Boti García Rodrigo, 65 anni, la presidente della Federación Estadal de Gais Lesbianas Transexuales y Bisexuales (Fegltb), una delle più influenti a livello internazionale, attiva da più di 20 anni. «Prima ancora della questione della maternità, qui è in gioco quella della discriminazione: questo cambio esclude un intero collettivo da un diritto, che, in quanto tale, deve essere accessibile a tutti».

E allora perché il governo vuole impedire a lesbiche e donne sole il ricorso alla fecondazione assistita?
La ragione è spiccatamente ideologica: il Pp, anche attraverso questo giro di vite, vuole imporre un modello di famiglia, che è ovviamente quello tradizionale. Anzi, un modello maschilista, per l’esattezza, che non concepisce un nucleo familiare senza la figura dell’uomo.

Perché il governo avrebbe paura di nuovi modelli di famiglia?
Perché questo è un governo reazionario che sta retrocedendo a fasi della storia spagnola che pensanvamo superate. È un governo piromane, che non fa altro che appiccare fuochi in seno alla società spagnola creando problemi assolutamente innecessari, tanto più se si considera che, in Spagna, il matrimonio egualitario è già una realtà legale e la maternità è il suo naturale complemento. In quanto donne – ed è quello che la proposta sembra ignorare – abbiamo diritto ad essere madri e ad esserlo nella maniera che preferiamo: lo stato deve difendere questo nostro diritto, perché prima che lesbiche o donne siamo cittadine.

La società spagnola è pronta per accogliere questi nuovi modelli familiari?
Certamente. Lo è dal 2005, cioè da quando il matrimonio omosessuale è lege. La società è prontissima; è il Partido popular che non lo è affatto.

In Asturia una sentenza del tribunale regionale ha obbligato la sanità pubblica a risarcire una donna delle spese sostenute per ricorrere alla fecondazione assistita in una clinica privata…
E lo abbiamo fatto presente al ministro della Sanità Ana Mato: ci sono i margini per ricorrere contro questa ingiustizia e scongiurarla. Staremo a vedere. Per ora la nostra associazione ha chiesto una riunione con la Mato in cui esporremo le nostre ragioni.

La Spagna continua ad essere un luogo accogliente per gli omosessuali?
Senza dubbio questo paese resta un modello di apertura e di rispetto delle differenze. Basti pensare che la legge su l matrimonio egulitario è stata approvata con l’appoggio del 70% della cittadinanza. Qui le famiglie omosessuali hanno come in pochi altri paesi la possibilità di vivere una normalità in tutto identica a quella delle famiglie tradizionali. Il problema è questo governo, ma è solo un incidente storico.