Sei arresti in Svizzera e uno a Miami, più sette indagati. Due inchieste partite dagli Stati uniti e dalla Svizzera, distinte ma convergenti, che promettono a breve ulteriori sviluppi.

In manette per corruzione, associazione a delinquere, frodi telematiche e riciclaggio per ora ci finisce un bel pezzo dei vertici Fifa, il governo planetario del calcio. Con un’operazione mediaticamente vistosa, a dir poco irrituale per gli standard di riservatezza e opacità della giustizia elvetica. Su richiesta dell’Fbi la polizia cantonale di Zurigo ha fatto irruzione all’alba di ieri nel sontuoso Baur au Lac Hotel, dove è in corso il congresso dell’organismo che vanta più associati delle Nazioni unite. E che proprio domani è chiamato ad eleggere il “nuovo” monarca del football mondiale. Virgolette d’obbligo, perché fino a ieri sembrava scontata la vittoria del solito Sepp Blatter, sempre sfiorato ma mai travolto dai ripetuti scandali, sempre sospettato ma mai inchiodato.

Joseph Sepp Blatter
Joseph Sepp Blatter

Anche stavolta la Fifa si è precipitata a smentire le voci che lo volevano indagato. Blatter, che dal 1998 resiste con rara ostinazione alla guida della Fifa, «non è tenuto a lasciare l’incarico». Potrà dunque correre per il suo quinto mandato, forse con un pizzico in meno dell’abituale serenità. Il suo antagonista, il principe giordano Alì Bin al-Hussein, ha parlato di «un giorno triste per il calcio» con malcelata ipocrisia. Domani giocherà all’attacco, se davvero anche Carlo Tavecchio – capo del calcio italiano – sta meditando di abbandonare il carro dell’eterno vincitore.
Il procuratore generale Loretta Lynch parla di «due generazioni di funzionari» coinvolte, gente che avrebbe «abusato della sua posizione» per intascare «milioni di dollari in tangenti». Circa 150, raggranellati nel corso di oltre vent’anni da nove funzionari Fifa, finiti sotto inchiesta insieme a cinque professionisti del marketing. Al centro delle indagini una girandola di diritti , servizi, concessioni inerenti a tornei negli Usa e in Sudamerica. Il dipartimento di Giustizia Usa parla di «corruzione dilagante, sistemica e ben radicata». E svela che diversi funzionari avrebbero già ammesso le loro responsabilità.

Un ruolo chiave lo ha svolto l’ex procuratore Michael Garcia, inizialmente incaricato dalla Fifa di svolgere un’inchiesta interna. Una volta resosi conto che il suo lavoro non avrebbe portato a nulla, che serviva solo a tacitare l’opinione pubblica, ha dato le dimissioni. E il giorno dopo ha iniziato a collaborare con l’Fbi.

Jeffrey Webb
Jeffrey Webb

Il più illustre degli indagati è anche il più vicino a Blatter: il britannico vicepresidente della Fifa Jeffrey Webb, numero uno della federazione che amministra il calcio in Nordamerica, Centroamerica e Caraibi, la Concacaf, è finito agli arresti con il suo collaboratore Costas Takkas. Stessa sorte per il presidente della federazione del Costa Rica, Eduardo Li, in procinto di entrare nel comitato esecutivo Fifa; per Eugenio Figueredo, presidente uruguaiano dell’organismo che controlla il calcio sudamericano (Conmebol); per il capo della federazione venezuelana Rafael Esquivel; per il responsabile dello sviluppo Fifa, il nicaraguense Julio Rocha; per il brasiliano Jose Maria Marin, pezzo grosso della Fifa a capo della federazione brasiliana fino al mese scorso e potente anfitrione degli ultimi Mondiali.

Jose Marin
Jose Marin

Personaggio molto discusso, quest’ultimo, per i suoi trascorsi politici all’epoca della dittatura militare, è considerato il mandante morale dell’omicidio del giornalista Vladimir Herzog. «Doveva essere arrestato già in Brasile – ha detto ieri l’ex campione del mondo Romario, senatore al parlamento federale di Brasilia – invece agli ultimi Mondiali ha accolto i capi di stato al fianco della presidente Dilma: un vero scandalo».

Gli incriminati sono stati tutti sospesi, dopo i primi tentennamenti. Segno che l’ennesimo terremoto sulla credibilità dell’impero Blatter è tangibile, anche se lui farà valere anche stavolta le formidabili qualità anti-sismiche per cui va famoso. La “sua” Fifa si dice pronta a collaborare. E sarebbe «parte lesa» anche per la seconda inchiesta, quella aperta dalla magistratura svizzera «contro ignoti» in merito a episodi di truffa e corruzione legati all’assegnazione dei Mondiali del 2018 in Russia e del 2022 in Qatar. Diversi i conti bancari bloccati e i documenti sequestrati nella sede della Fifa a Zurigo. Per nascondere l’evidenza stavolta ci vorrà qualcosa di più del lenzuolo con cui il premuroso personale dell’hotel ha coperto ieri l’uscita degli arrestati.